«Referendum sulla moschea» E il centrodestra si compatta

Maroni lancia la consultazione sui luoghi di culto Parisi: «Conciliabili le posizioni di Lega ed Ncd»

Alberto Giannoni Il caso moschea non esce dalla campagna elettorale. Anzi, un nuovo scenario si apre: il referendum popolare. È il governatore regionale, Roberto Maroni a lanciare questa possibilità. E subito trova al suo fianco Riccardo De Corato di Fratelli d'Italia. Maroni ha proposto il referendum parlando della legge regionale sottoposta a sentenza della Consulta. «Trattiamo i luoghi di culto con la nostra legge come gli altri edifici - ha spiegato Maroni - cioè li assoggettiamo alle norme urbanistiche, in più diciamo che siccome il luogo di culto può generare, soprattutto nei piccoli comuni, qualche apprensione, lo sottoponiamolo a referendum». «Se il sindaco decide che ci vuole la moschea la faranno, il referendum costringe però anche il sindaco a fare i conti con la propria cittadinanza», ha aggiunto. E a proposito del confronto chiesto dal candidato di centrosinistra Beppe Sala, non si è certo tirato indietro: «Io sono aperto al confronto con tutti - ha risposto - Se Sala vuole, sa come trovarmi, parliamone». Il Sala anche ieri è tornato sul tema. Con un argomento che ormai è il suo cavallo di battaglia: «Parisi rischia di essere solo una foglia di fico del centrodestra». «Se vincesse, chi governerà?» ha chiesto, riferendosi alle presunte divisioni della coalizione che lo sostiene e a un ruolo egemone di Matteo Salvini nell'alleanza. In realtà, proprio sul tema moschee, probabilmente il più difficile da declinare per tutte le coalizioni, il centrodestra ha verificato una inaspettata compattezza. La presunta spaccatura era più una distanza di toni, più che di posizioni. Questo nell'entourage di Parisi è stato chiaro fin dall'inizio Salvini ha scandito, come sempre, un «no» categorico, senza se e senza ma. E ieri ha rincarato. «Parisi? La moschea può scordarsela, assolutamente». Ma sembra che la moschea non sia proprio in cima ai pensieri di Parisi. Certo, come nel suo stile, il candidato ha usato un approccio diverso: è partito da un'apertura alla moschea (che in realtà nessuno esclude in linea di principio) per poi porre condizioni e paletti. Molti. E profondi. La sola richiesta di una legge nazionale, o di requisiti che riguardino i sermoni degli imam o i finanziamenti dei centri islamici, si traduce in una sostanziale chiusura. Del resto anche in Forza Italia la linea non è mai stata molto distante. E anche i centristi sono su posizioni molto simili (e non a caso sono stati a favore della legge regionale, passata alla cronaca come «anti-moschee»). L'altra sera il ministro dell'Interno, Angelino Alfano è stato molto netto: «Sono contrario a realizzare nuove moschee», ha detto, pur rilevando la necessità che «non si preghi in luoghi di culto abusivi». «Se la pensa così anche Alfano, una volta ogni tanto siamo d'accordo» ha commentato Salvini ieri, conciliante dopo mesi di attacchi.

«Le due posizioni sono assolutamente conciliabili» ha preso atto Parisi. Un clima di distensione che era stato colto anche da Maurizio Lupi «Il buon senso che ha contagiato sia la Lega che noi si chiama Parisi», aveva detto l'ex ministro.

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