Riceviamo e pubblichiamo
In merito alla situazione del Teatro Ringhiera è necessario precisare che Serena Sinigaglia, direttore artistico del Teatro Ringhiera, non ha mai pronunciato le parole riportate come virgolettato nel titolo in prima pagina milanese «Sala mi ha chiuso il teatro» o valutazioni polemiche verso l'operato del Comune di Milano sulla questione in oggetto, come si può ben vedere leggendo l'articolo integrale di Mimmo Di Marzio, in cui viene raccontata la situazione relativa ai lavori di ristrutturazione di cui la sala necessita e di quanto fatto in questi 10 anni di attività Atir nel quartiere.
Va inoltre precisato che tra il Comune di Milano, il Teatro Ringhiera e il Municipio da qualche mese si è aperto un tavolo di lavoro, voluto espressamente dal Gabinetto del Sindaco, per risolvere al meglio la situazione e trovare soluzioni alternative per garantire il proseguimento delle attività, in piena collaborazione. Quindi, aldilà del grande dispiacere e disagio di Atir per l'imminente chiusura del Teatro, non esistono conflitti e polemiche tra Atir e l'Amministrazione Comunale ma solo la volontà comune di risolvere il problema.
Maurizia Leonelli
Atir Teatro Ringhiera
I titoli, a volte, peccano di sintesi per ragioni di spazio. Rispetto a quanto affermato nell'intervista da Serena Sinigaglia sarebbe infatti stato più corretto scrivere: la «giunta Sala» (anzichè «Sala») chiude il teatro Ringhiera giacchè, come la regista ha giustamente sottolineato, la «giunta Moratti» (cioè «la Moratti») glielo ha consegnato, la «giunta Pisapia» (cioè «Pisapia») le ha rinnovato il contratto e la «giunta Sala» (cioè «Sala») li manda a casa, fino a data da destinarsi. Per il resto chi scrive, come è suo costume, non ha cambiato neppure una virgola alle dichiarazioni dell'intervistata. Evidentemente la polemica, se non era nelle intenzioni, emerge spontanea dai fatti. Ma chi scrive si rende anche conto che le polemiche - giacchè c'è la speranza che il teatro un giorno riapra - possono scatenare i timori di ripicche e vendette trasversali nei confronti della «parte debole». Timori infondati, conoscendo i nostri amministratori abituati a fare bene i propri conti quando si tratta di gestire il suolo cittadino e di interpretare a proprio modo la logica del «bene comune», sguinzagliando i tecnici o nascondendoli ai cittadini a seconda degli interessi del momento. Se qualcuno ha già segnato i destini del teatro del Gratosoglio non sarà certo un titolo del Giornale a fargli cambiare idea.
Ma di fronte allo zelo a orologeria di chi alberga a Palazzo Marino è sempre meglio una polemica in più che sottostare alla sicula dottrina del «calati junco ca passa la china» («piegati giunco che tanto la buriana passa»).Mimmo di Marzio
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