«Siamo concentrati sul progetto che darà vita, dal 17 al 21 giugno 2020, al Salone dell'auto di Milano. Nelle prossime settimane lo presenteremo al sindaco Beppe Sala. Sarà un evento all'insegna della continuità col Parco Valentino, quindi rappresenterà la sesta edizione. Non si assisterà a una rivoluzione, bensì all'evoluzione di quello che è stato il Salone di Torino».
Andrea Levy, l'imprenditore-manager che ha creato il Salone dell'auto all'aperto - puntando sulla passione, l'heritage, con spazi espositivi tutti uguali e gratuito al pubblico - esce allo scoperto e in questa chiacchierata con il Giornale anticipa buona parte del format della manifestazione che trasloca da Torino in Lombardia. «Le location - conferma - saranno due: Milano e... Monza (aggiungiamo noi, ndr). Ma quello che vogliamo creare è la risposta innovativa italiana ai grandi Saloni dell'auto, tra l'altro in piena trasformazione», dopo i rischi di flop, per altro già avvenuti in parte. Ci saranno due inaugurazioni: la prima nel pomeriggio del 17 giugno verosimilmente davanti al Duomo, con la parata dei presidenti delle Case automobilistiche. «Milano - aggiunge Levy - è la capitale della moda, ecco allora sfilare per le vie del centro, su un tappeto rosso, modelle d'eccezione su quattro ruote».
L'organizzatore, che si avvale della benedizione di Regione Lombardia, Comune di Milano, Monza (aggiungiamo sempre noi) e di altre istituzioni, mette subito le mani avanti a proposito di chi potrebbe obiettare sull'evento dedicato alla mobilità a motore nella metropoli. «Sarà una grande festa dell'auto sostenibile - puntualizza Levy - e a Milano si esibiranno solo auto elettriche e ibride ricaricabili, ognuna con la propria colonnina da 50 kW per il rifornimento. Il pubblico potrà guidare queste auto. Su elettrico e ibrido plug-in c'è ancora molta mancanza di conoscenza tra la gente, come abbiamo riscontrato a Torino». Nella seconda location, a Monza, ci saranno gli stand dei costruttori e i test drive riguarderanno le auto con le altre motorizzazioni. E sempre in autodromo si darà spazio all'adrenalina con l'esibizione di supercar. Anche la parata delle monoposto di F1 sarà ripresa nel nuovo Salone. E poi spazio a compleanni e anniversari, ai concept e al design made in Italy che da sempre è in cattedra a livello mondiale.
Levy definisce «aperto» il progetto del Salone (avrà un nuovo nome, ma resterà il logo Gran Premio Parco Valentino): l'obiettivo è di coinvolgere la parte motoristica del Paese, a partire dalla Motor Valley e dall'amico del cuore, il Piemonte, con tutte le sue eccellenze. «Road to... potrebbe essere uno slogan ad hoc - osserva l'imprenditore - dove la meta sono le due location della rassegna. Tante realtà ci stanno mostrando il loro interesse. Diamo il via al nuovo Motor Show italiano».
A Torino, intanto, l'ormai ex vicesindaco pentastellato Guido Montanari, ha fatto da capro espiatorio dopo la decisione di Levy di portare il Salone in Lombardia. La sindaca Chiara Appendino non ha gradito l'atteggiamento ostile all'interno della sua maggioranza, ma ormai il danno era fatto. Levy rivela qualche particolare: «La delibera della giunta è arrivata a solo due settimane dal via e con gli impegni già presi con 54 aziende primarie del settore. Inoltre, a differenza del 2018, per l'allestimento del tutto ci è stato dato tempo tre e non più quattro settimane.
Abbiamo corso non pochi rischi e un imprenditore non può accettarlo. Di mezzo c'era anche l'immagine di Torino». E poi ci sono stati il dispetto delle multe e la gufata-boomerang del vicesindaco. L'impegno dell'organizzazione nella rassegna ammontava a 1,5 milioni.
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