Coronavirus

"Serve la patente d'immunità e specializzandi per i vaccini"

Le proposte del primario, preside di Medicina in Statale. "Uno screening ora può liberare 2milioni di lombardi"

"Serve la patente d'immunità e specializzandi per i vaccini"

Gian Vincenzo Zuccotti, preside della Facoltà di Medicina della Statale e direttore della clinica pediatrica del «Buzzi», qual è oggi la situazione dell'epidemia che ha sotto gli occhi?

«La situazione è abbastanza sotto controllo. Dal punto di vista pediatrico posso dire che i casi sono molto pochi. Osserviamo bambini con sindromi infiammatorie, ma il versante pediatrico è relativamente tranquillo, e la cosa vale anche se parliamo del Sacco e delle degenze nei reparti e in terapia intensiva».

Sono contenute...

«Quanto diciamo sembra poter essere smentito in un futuro prossimo, ma se il timore era che durante il periodo natalizio certi comportamenti avessero favorito il contagio, ora a metà gennaio, quindi tre settimane dopo il Natale e due dopo il Capodanno, la situazione pare sotto controllo. Poi, da qui partono alcune riflessioni».

Quali?

«In attesa che sia largamente disponibile il vaccino certe cose vanno prese in considerazione. Mi riferisco al fatto che in una regione come la nostra, pesantemente colpita nella prima ma anche nella seconda ondata, credo che si possa proporre uno screening epidemiologico. Può avere un valore relativo in Italia, ma in Lombardia può dirci tanto».

Come farlo e cosa può dirci?

«Si può fare con un test molto semplice, con una sensibilità del 96% e costi contenuti. Se riuscissimo a raccogliere i campioni a casa, in farmacia o dai medici di famiglia, inviandoli in laboratorio, si potrebbero screenare 400mila cartoncini a settimana. Sappiamo che chi prende l'infezione non la riprende se non nello 0,02% di casi. Abbiamo visto che questi anticorpi tendono a persistere per 7-8 mesi. Se pensiamo che il 20-30% della popolazione potrebbe averli, sono 2-3 milioni di persone».

Numeri importanti.

«Abbiamo condotto uno studio in 14 scuole con questo sistema, a settembre, su 3mila bambini e ragazzi da 3 a 18 anni. Il 3% era positivi al test. L'abbiamo ripetuto prima di Natale e con 1.500 test processati siamo passati al 15%. Ma in certe aree lombarde la percentuale sfiorerebbe il 50. Lì una persona su due potrebbe tornare alla vita normale con una sorta di patente di immunità. Si potrebbe dare una priorità nelle vaccinazioni, raggiungendo prima la soglia che dà l'immunità di gregge».

La zona rossa è uno strumento un po' grossolano.

«Sì, così invece alcuni milioni di persone potrebbero frequentare pubblici esercizi e scuole. Potremmo dare respiro a molti, un po' di luce».

Si sottovaluta questo aspetto nel mondo scientifico?

«Ci sono sensibilità diverse. Alcuni si concentrano sull'aspetto epidemiologico perdendo magari un po' di vista altre problematiche. In chi fa questo mestiere si può comprendere, poi il mondo politico deve fare sintesi. Ma un segnale ci deve essere. Non si può parlare solo di restrizioni. In ogni caso non sarebbe un liberi tutti. MA Sono molte le cose da fare».

Le altre?

«Attivare subito la telemedicina. Abbiamo passato il 2020 concentrati sulla pandemia, passiamo 2021 a parlare di vaccini e rischiamo di dimenticare che le persone bisognose di cure sono tante. Noi abbiamo messo in piedi il centro operativo dimessi, a dicembre acquisito dalla Statale. Una piattaforma molto semplice. Se vogliamo una sanità non ospedalocentrica l'unica possibilità è questa. E attenzione al ruolo degli specializzandi».

Cosa possono fare?

«Se li chiamassimo in causa per la vaccinazione anti-covid e se i vaccini fossero disponibili, 8mila specializzandi per anno che vaccinano 8 persone ogni ora, per 8 ore, per 5 giorni alla settimana, potrebbero vaccinare 30milioni di persone al mese. Ma dovremmo accogliere la loro proposta, che condivido, di sospendere l'attività formativa, da recuperare alla fine, retribuendo l'attività».

Si era parlato di lei come del possibile assessore regionale al welfare.

«Dico solo che quando c'è stata questa richiesta, per spirito di servizio mi ero messo a disposizione, poi è finita in nulla. Per me sarebbe stata una scelta difficile, avrei dovuto lasciare un po' tutte le cose che ho fatto finora con dedizione e soddisfazione, ma l'avrei fatto per mettere a disposizione queste idee, un po' di competenza e una rete di conoscenze, cose che potevano essere utili, tutto qui. Ora, sono disponibile a collaborare con chiunque voglia risolvere i problemi, se qualcuno sa far meglio la parte politica, io sono solo contento. Quel che dispiace è vedere una regione poco reattiva, che non svolge il ruolo che dovrebbe svolgere in un momento complesso.

Se giochi sempre in difesa magari ti fischiano un rigore contro, e anche se non c'era, la partita la perdi».

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