Servello, la destra al Famedio (nonostante il veto dell'Anpi)

La cerimonia del 2 novembre segnerà un passaggio storico Per la prima volta Milano celebra chi stava «dall'altra parte»

Servello, la destra al Famedio (nonostante il veto dell'Anpi)

Le radici e il futuro. La storia della destra è tutta una tensione fra la memoria (in certi casi nostalgia) e il futuro. Normale dunque che l'appuntamento più importante di Fratelli d'Italia a Milano, ieri a Palazzo Lombardia, abbia avuto due momenti centrali: la riflessione sulla «destra che riparte», con la giovane leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni che ha riempito l'auditorum Testori intervistata dal direttore del Giornale Alessandro Sallusti; e il ricordo di Franco Servello, deputato, a lungo consigliere comunale a Palazzo Marino, scomparso un anno fa e ora in procinto di essere onorato al Famedio fra i grandi di Milano. E quando Meloni ha voluto tracciare il senso della eterna missione della destra, nella politica e nella cultura, lo ha fatto proprio citando Servello: «Non siamo i guardiani di un museo», ha ammonito con le sue parole.

Radici e futuro dunque. La cerimonia del cimitero monumentale, alle 11 e 30 del 2 novembre, segnerà una svolta storica: il riconoscimento della città di Milano, medaglia d'oro della Resistenza, andrà per la prima volta a un uomo della destra. Lo ha sottolineato Riccardo De Corato, storico esponente di Msi e An a Milano: «Lì c'è Alessandro Manzoni - ha ricordato - quello è un riconoscimento per Servello ma per tutti noi. Vederlo in quello che è un luogo simbolo dei grandi milanesi è una grande testimonianza». La portata storica di un simile atto (deciso all'unanimità da una commissione di cui facevano parte due assessori comunali) non è sfuggita all'Associazione nazionale dei partigiani italiani. L'Anpi però non è riuscita a produrre niente di diverso da un tentato veto. Ha protestato, ha scritto lettere e comunicati, ha lamentato la «dolorosa ferita inferta a Milano», definendo la scelta "di estrema gravità» e parlando di «nostalgie fasciste» di Servello, che è scomparso nell'agosto del 2014 a 93 anni. «Servello non è mai stato iscritto al Partito nazionale fascista - ha replicato ieri Ignazio La Russa - tutto è iniziato con l'uccisione dello zio, Franco De Agazio, che lo aveva chiamato al Meridiano, il giornale che dirigeva. Da allora è iniziato il suo percorso di coerenza e indipendenza, a cui non possiamo attribuire né i meriti né i demeriti dell'appartenenza al fascismo». «Ci sono uomini della sinistra che rispettiamo e siamo pronti a onorare - ha proseguito La Russa - ma a sinistra non ha mai trovato accoglienza un simile rispetto. Al massimo tentano di appropriarsi di figure e storie altrui, come è successo con Giovanni Gentile e col Futurismo».

Servello era stato eletto in parlamento col Msi e fu senatore e capogruppo di An alla Bicamerale. E traghettò la destra nella Seconda repubblica. Una personalità complessa in cui non manca il grande amore per lo sport e il calcio.

Una passione che lo portò nel cda della grande Inter di Angelo Moratti. Milano lo aveva già insignito dell'Ambrogino d'oro e la sua collocazione fra i «grandi» avrebbe potuto essere l'occasione di una profonda leale discussione su torti e ragioni. Qualcuno non ha voluto coglierla.

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