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Si preparano tre offerte per la vendita di Sea Oltre a Gamberale, i tedeschi e i soliti indiani

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Ha sempre più il sapore di una farsa il referendum sulla vendita Sea lanciato dal sindaco. Ieri, collegato la mattina presto ai microfoni di Radio Popolare, Giuliano Pisapia ha ribadito anche a quella parte di sinistra che vede come fumo negli occhi le privatizzazioni che non ci sono scelte alternative. «Siamo consapevoli delle criticità» e «che una parte dell’elettorato ha dubbi», ma «bisogna essere chiari: per cambiare la città dobbiamo avere fondi a disposizione». Per «bonificare gli edifici dall’amianto, aprire anche la sera le biblioteche, sistemare le scuole» e dunque «sulla privatizzazione di Sea e Galleria sono convinto che i milanesi capiranno, e capiranno anche che ci siamo trovati in una situazione inaspettata». La giunta corre. Vero che formalmente l’incasso stimato per il 50% degli aeroporti verrebbe inserita nel Bilancio 2013, ma Palazzo Marino punta a lanciare la gara internazionale entro fine anno. E già nei giorni scorsi il dg Davide Corritore ha sottolineato che «l’operazione va usata come occasione per creare un’alleanza tra città» e «tra città ci parliamo», quindi «qualche interesse lo abbiamo già percepito». Già ampiamente annunciato quello del fondo F2i che ha già acquistato un terzo di Linate e Malpensa a dicembre, potrebbe salire all’80 e ha già manovre in corso per acquisire pezzi del Catullo di Verona o Orio al Serio. Obiettivo finale, gli «Aeroporti del Nord», magari guidati dall’attuale presidente di Sea Giuseppe Bonomi (nella foto). Ma Corritore annuiva anche a una possibile alleanza con Francoforte, visto che come ha sottolineato ieri anche il Sole 24 Ore, all’affaire Sea sarebbe interessata la Fraport che gestisce già lo scalo tedesco. E torna in pista il fondo indiano Srei che a dicembre presentò in ritardo la busta. Un’altra manovra che viene monitorata attentamente, quella che prevede lo scambio di azioni Sea-Serravalle tra Comune e Provincia. L’intesa firmata dal sindaco e dal presidente Guido Podestà fissa lo swap entro il 15 luglio, ma tra due settimane al massimo dovrebbe essere chiaro se l’operazione andrà in porto (anche parte del Pdl dubita).
Il Comune dovrebbe optare comunque per la vendita del 50,1%, scendendo al 4% ma con un patto di sindacato forte, che garantisca (ad esempio) i lavoratori.

Il 22 giugno le sigle hanno fissato uno sciopero ma ieri la Cisl si è dissociata criticando la Cgil, «difendere il baluardo simbolico del 50,1% di proprietà pubblica è dannoso. Sbaglito fare battaglie di retroguardia corporative».

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