Alessandro Rota, presidente di Coldiretti Milano Lodi e Brianza, il Distretto agricolo milanese denuncia con forza l'ostilità o l'indifferenza del Comune, che snobba il mondo dell'agricoltura a beneficio di un astratto ambientalismo scollegato dalla realtà. Come valuta il caso di Trenno, con la bocciatura del progetto del Dam e la scelta di puntare sugli «orti»?
«Non mi sorprende affatto, basta vedere cosa è accaduto con l'istituzione delle aree naturali di 9mila ettari nel Parco agricolo sud. Abbiamo chiesto di essere ascoltati e di rivedere l'iter, ma ci troviamo di fronte alla supponenza di chi governa in Città metropolitana».
Siete contrari al parco sud area naturale?
«Sì, certo ci siamo espressi punto di vista tecnico e politico. Gli agricoltori sono custodi del territorio. E qui si continua a introdurre vincoli, a causa dei quali fare impresa è davvero un'impresa.
Lei vede un'ostilità della sinistra milanese per gli agricoltori?
«Io parlerei di disprezzo, di discriminazione. Non fai un'agricoltura che abbiamo in mente noi? Vali meno. Forse l'agricoltore andrebbe inserito nel ddl Zan. C'è questa moda di far passare come il male assoluto chi lavora la terra senza seguire certe mode, le loro ideologie. A Milano c'è questo approccio».
In cosa consiste questa moda ideologica?
«Loro parlano di biologico, di aree boschive naturalistiche, senza conoscere peraltro la normativa sul biologico, senza sapere che nel biologico si stanno introducendo nuovi principi attivi mentre li togliamo nell'agricoltura tradizionale. Noi abbiamo bisogno di un'agricoltura custode del territorio e di cibo sano. Noi questo lo facciamo ogni giorno, se le produzioni italiane sono quelle che garantiscono la maggior qualità, forse dovremmo tutelare il nostro modello invece che denigrarlo, ma abbiamo di fronte una politica che usa le istituzioni per portare avanti posizioni ideologiche invece del bene comune. E questa battaglia ci obbliga a essere un attore sempre più presente nella discussione politica».
Quindi sta accadendo a Trenno, nel parco Sud e un po' ovunque?
«Nel parco agricolo c'è un'imposizione di pochi, mascherata da finto ascolto. Per fortuna la Regione con l'assessore Rolfi ha stoppato questo iter. Oltretutto era stato deliberato l'iter istitutivo che rimandava a un regolamento futuro che ancora non c'è. Abbiamo la certezza che ci abbiano mentito e non ci abbiano voluto ascoltare. Quando gli agricoltori erano utili per qualche voto andavano bene, ora non più. Questo ambientalismo fa la guerra all'agricoltura ma agricoltura e ambiente devono andare di pari passo. Il nostro territorio può essere un giardino a cielo aperto, custodito dagli agricoltori. Fra un po' dovranno devolverci una parte della Tari».
Prego?
«Secondo lei chi smaltisce frigoriferi e altri elettrodomestici abbandonati nei campi? Ma tutto questo non lo si vuole vedere. Cercano specchietti per le allodole per i loro racconti alla città».
Insomma, i paladini (a parole) dell'ambiente danneggiano i veri custodi del territorio.
«Oggi l'agricoltura sta dimostrando di avere più obiettivi: il primo sono i prodotti: cibo sano e di qualità accessibile a tutti; secondo la tenuta del territorio come polmone ecologico per prevenire bombe d'acqua e di calore e assorbire polveri e altro».
L'agricoltura ha valore anche produttivo.
«A Milano ha una sua centralità. Nella città metropolitana vale quanto una provincia agricola come Lodi. La sua forza deve diventare consapevolezza collettiva. I giovani non sono più nati e cresciuti nelle cascine.
Non ne conoscono il valore il sacrificio, è necessario ricostruire un percorso sano in questo senso ma se si vuole continuare a bastonare la vera agricoltura si uccide la libertà e la capacità imprenditoriale dell'agricoltore, e non so quanti resisteranno. E certe colture può permettersele solo l'1% della popolazione. Così non si mette al centro l'agricoltura come bene comune».
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