(...) Martina, Pippo Civati e Roberto Cornelliscalpitavano per candidarsi alle primarie, giorni fa il vicesegretario dei Democratici Enrico Letta li ha spiazzati lanciando in tv il nome di Ambrosoli. Un'altra volta un candidato della società civile, l'arresa dei partiti. La discussione nel direttivo lombardo è accesa, c'è chi sostiene che il modello Pisapia rischi di essere un flop fuori dalla realtà metropolitana, e Ambrosoli, fuori dal perimetro dei partiti, non possa fornire a elettori e al mondo economico che nei Comuni lombardi arranca per la ripresa quella garanzia di un presidente pragmatico, «attrezzato» a prendere le decisioni che contano. Per questo, se Ambrosoli accetterà la sfida, prenderà subito quota l'ipotesi di un ticket: l'avvocato corre come presidente - uomo immagine per una campagna improntata su giustizia e valori etici dopo le inchieste in Regione - e viene lanciato con un vice politico del Pd, magari un parlamentare pronto a trasferirsi in Lombardia. Emanuele Fiano o Barbara Pollastrini? Intanto bisogna incassare il «sì» dell'avvocato, poi sarà l'ora delle ipotesi. E dei lunghi coltelli.
Nella strategia di «ammazzare» l'avversario, l'ex sindaco Gabriele Albertini è un campione. «Ambrosoli è una persona che stimo, posso dire di essergli amico e confesso che nell'ipotesi molto improbabile che dovessimo essere entrambi contendenti mi riuscirebbe difficile decidere se votare per me o per lui» diceva ieri. E «ove fossi eletto presidente sarebbe il primo a cui chiederei un aiuto».
Che gli uomini di partito dalle parti di Pd e Sel siano bolliti e ci sia bisogno di una lista civica e un candidato «arancione» per conquistare il Pirellone, è quanto sostiene in sintesi l'assessore comunale Franco D'Alfonso. Una delle anime della campagna elettorale per Pisapia nel 2011. «Nessuna scusa su tempi e modi, le primarie si dovranno fare e si faranno evitando candidature di bandierina - sostiene -. E una lista arancione in grado di raccogliere le energie civiche e politiche di persone, associazioni, iniziative che non si riconoscono o non rientrano nell'alveo più ristretto dei partiti è una condizione indispensabile per sperare nella vittoria». Avverte: «Sarà bene che dirigenti grandi e piccoli di partiti e partitini del centrosinistra se ne facciano una ragione senza abbandonarsi a pericolose illusioni, per esempio, sull'asse risolutore Bersani-Vendola». E D'Alfonso insiste col massacrare i nomi di cui si è parlato fino ad oggi, «al netto della ricerca dei cinque minuti di notorietà, le candidature avanzate o ventilate fino ad oggi sono soprattutto concentrate nel monto dei partiti delle opposizioni regionali di questi ultimi anni». Riferimento abbastanza scontato ai vari Civati, Martina, Giulio Cavalli capogruppo di Sel o Zamponi di Idv.
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