Stuprò finlandese Romeno in cella: il Dna lo inchioda

Ha dovuto inseguirlo per mezza Europa, ma alla fine Alessandra Simone, capo della sezione reati sessuali della mobile, è riuscita ad arrestare un romeno di 29 anni che l’anno scorso aveva violentato una studentessa finlandese di 20 anni. «Lei ci stava» ha detto, peccato che dopo la violenza le abbia rubato il cellulare e la fotocamera digitale. Ma questo lo ha perduto: proprio le analisi dei tabulati del telefono rubato hanno consentito il fermo.
L’aggressione nella notte tra il 18 e il 19 luglio, in corso Como dove il bruto, un irregolare che girava con documenti falsi, incrocia la preda. La ragazza è a Milano per seguire un seminario alla Bocconi e quella sera va a fare due salti al Casablanca. All’uscita, verso le 3, perde di vista gli amici e trova quel ragazzo gentile, carino, elegante che l’apostrofa con un ottimo inglese. E alla fine la poverina ci casca: lui si offre di accompagnarla in albergo con la sua auto, ma a un certo punto blocca la vettura e tenta di baciarla. Lei resiste, tenta di scendere, ma l’uomo la blocca e la violenta.
La giovane presenta denuncia e partono le indagini. Nel giro di qualche settimana gli agenti della mobile diretti da Alessandra Simone riescono a identificarlo, ma hanno qualche problema a rintracciarlo.

Lui si sposta di continuo ma alla fine commette l’errore di rientrare a Milano e finisce in manette. Viene comparato il Dna, che lo stupratore ha lasciato su un mozzicone di sigaretta con quello del sospetto. Coincidono e il gip convalida il fermo.

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