Alberto Giannoni
Prima per prodotto interno lordo, prima per addetti del manufatturiero, prima per tasse pagate e per contributi pensionistici, prima nella sanità. La Lombardia è già una regione «speciale». Il presidente della Regione, Roberto Maroni, ha deciso di portarla al voto per negoziare con Roma, dal punto di vista istituzionale, una «specialità» che è già economica e sociale.
La Lombardia è il motore del Paese, lo dicono i fondamentali della sua economia. È stato anche calcolato che se tutte le Regioni fornissero servizi di pari qualità, lo Stato a fine di ogni anno disporrebbe di un tesoretto di 23 miliardi, anzi 74 (cui per rigore matematico-finanziario si dovrebbero sottrarre i 51 necessari al momento per imprimere a tutti questa svolta di efficienza). A fronte di tutto ciò, la Lombardia costa poco allo Stato, meno di tutte: solo 2.447 euro pro capite contro i 3.658 della media italiana. Sono 37 i miliardi che lo Stato spende in Lombardia (13,6 di trasferimenti agli enti locali, Regione compresa, e 5,6 di stipendi nelle pubbliche amministrazioni). Ma la misura di questa «generosità» è il residuo fiscale, cioè lo scarto fra quanto i lombardi versano a Roma in termini di tasse e tributi vari e quanto ricevono sotto forma di servizi. Il residuo fiscale viene calcolato fra i 45 e i 55 miliardi.
E qui si torna al referendum sull'autonomia. La Lombardia vuole dire «basta» a questo regalo permanente e improduttivo. E punta a tenersi almeno la metà del residuo fiscale. Questo - lo ha spiegato il governatore - consentirebbe di raddoppiare il suo bilancio, con vantaggi intuibili in termini di tagli fiscali e investimenti. Maroni vede la Lombardia come una Regione a Statuto speciale e rivendica il diritto di questa Regione speciale di avere un posto al governo quando si discutono misure che la riguardano (per ora sono arrivate molte impugnazioni, molti conflitti, un bel paradosso). L'assessore (leghista e maroniano) Gianni Fava, delegato dal Pirellone a seguire la partita referendaria, vede la Lombardia come uno Stato europeo, con numeri e dignità pari agli altri motori economici continentali. Per Fava l'autonomia è solo la prima tappa. Non a caso parla di «Lombardexit».
La liberazione della Lombardia dai fardelli centralisti, comunque, è un obiettivo a cui nessuno dice di no. Nel centrosinistra al massimo polemizzano sull'utilità del voto ormai imminente. Ma l'ultimo che lo ha fatto, il ministro Maurizio Martina, bergamasco, ha rimediato una risposta al fulmicotone dello stesso Fava, che lo ha sfidato a chiarire quale sia l'orientamento del Pd in materia di autonomia.
Fra 52 giorni, comunque, dalle 7 alle 23 saranno chiamati alle urne tutti i cittadini italiani residenti in Lombardia. Allo studio la modalità di distribuzione delle tessere. Non si vota a casa, infatti, attenzione, ma col voto elettronico, in 9mila sezioni circa nei 3.
300 seggi, con le «voting machine» che dal giorno dopo saranno concesse in comodato d'uso alle scuole, pronte per essere riattivate in modalità elettorale in caso di altri referendum, o magari anche di Politiche. Dai sì e dall'affluenza si capirà quanto è forte la voglia di specialità dei lombardi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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