Trovato il corpo dell'imprenditore assassinato

«Non lo troveranno mai». «È sotto due metri di terra». Queste le frasi agghiaccianti pronunciate dal mandante dell'assassinio in carcere e registrate nel 2009 dalle microspie messe nella cella di San Vittore dagli investigatori della Omicidi della Mobile durante l'inchiesta sul rapimento (e sull'ormai certo omicidio) di Stefano Cerri, l'imprenditore scomparso la sera del 10 dicembre 2009 a 47 anni nelle vicinanze della «Grafica service», la sua azienda con sede al Gratosoglio. Il mandante era Stefano Emilio Savasta, accecato dalla gelosia ossessiva e maniacale per Cerri che all'epoca aveva una relazione con la sua ex, Ivana S., una 40enne. Per questa ragione Savasta, aveva offerto al dominicano Marthy Hernandez Rodriguez e a tre suoi complici (uno dei quali è tuttora latitante, ndr ) due mila euro per rapire Cerri che sarebbe morto lo stesso giorno del sequestro: l'imprenditore venne preso con la forza mentre chiudeva la saracinesca della sua ditta in via Gratosoglio. Il dominicano riteneva che Cerri dovesse solo subire una lezione, ma il suo complice latitante avrebbe calcato la mano, picchiando brutalmente a calci e pugni Cerri che, tra l'altro, aveva sulla bocca del nastro adesivo. Così, dopo un po', si erano accorti che era morto e ne avevano seppellito il corpo in un bosco.

Il destino, però, rimescola le carte in tavola spesso e anche all'improvviso. Così, quando nel novembre scorso, dopo cinque anni, Stefano Savasta - condannato all'ergastolo per omicidio premeditato in concorso con due domenicani, morì per un infarto a bordo di un treno diretto a Verona mentre si eraallontanato alcune ore prima dalla sua casa a Sirmione (Brescia) dove era ai domiciliari - Rodriguez, decise di collaborare con gli investigatori. «Fino ad oggi - spiegò il sudamericano - non ho parlato perché avevo una paura tremenda di Savasta».

Gli investigatori della Mobile, diretti da Alessandro Giuliano, insieme ai colleghi della scientifica e grazie all'aiuto delle unità cinofile, hanno subito cominciato le ricerche che hanno richiesto tempo perché il dominicano, a sei anni di distanza, non ricordava esattamente dove avessero seppellito il corpo del povero Cerri. Gli scavi sono durati circa un mese in un'area boschiva nei pressi di Garlasco e Tromello, nel Pavese. E alla fine il cadavere - ridotto ad uno scheletro ma ancora con resti di nastro isolante sul capo e fascette da elettricista alle caviglie - è stato rinvenuto a un metrò di profondità da due cani, Orso e Dogan.

Savasta, ritenuto da subito dagli inquirenti il mandante dell'omicidio, era stato arrestato nel marzo 2009 per le persecuzioni a Ivana Siviero, donna a cui lui era stato legato dal 1994 al 2005 quando lei lavorava nell'azienda dello stesso Savasta, la Savagrafica, come segretaria e per la quale il titolare nutriva, come disse nel corso della requisitoria nel processo a suo carico il pm Antonio Sangermano «un'ossessione distruttiva».

Già allora l'uomo era sospettato di avere avuto un ruolo da protagonista nella scomparsa del rivale in amore, che chiamava «il bastardo di Gratosoglio», l'imprenditore Stefano Cerri, fornitore dell'azienda di Savasta, con cui la donna aveva intrapreso una relazione. La formalizzazione dell'accusa di omicidio per Savasta arriverà solo sei mesi dopo, quindi il processo e le condanne.

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