Più che un sospetto è quasi una certezza: da qualche parte in città ci dev'essere una persona che da oltre 13 anni si gode la pensione del nonno defunto. Defunto e poi fatto trovare in una cassa nei pressi della Fiera, nudo e senza alcun indizio che abbia permesso alla polizia di risalire alla sua identità. Nonostante per tre mesi gli investigatori abbiano girato come trottole con la sua foto in mano. E così, mestamente, il caso è andato in archivio: l'astuto parente questa volta l'ha fatta franca e chissà quando l'Inps, o chi per esso, si accorgerà di versare l'assegno a un morto.
E si che la scoperta del corpo venne fatta quasi subito, solitamente il tempo gioca un ruolo fondamentale, perché cancella tracce e indizi. Alle 17.15 del 9 febbraio 2000 un signore sta facendo giocare il suo cane in uno spicchio di terreno ancora verde di via Gattamelata. L'animale a un certo punto inizia ad abbaiare furiosamente contro uno scatolone, grande pressapoco come una fotocopiatrice. Il padrone dà un occhiata, intravede il corpo e chiama la polizia. Arriva la squadra omicida, si parte sempre dall'ipotesi peggiore e cioè un delitto, che con infinita cautela apre la cassa ed estrae il corpo. Si tratta di un uomo di carnagione bianca, molto stempiato, una folta barba candida, privo di denti e dentiera, completamente nudo, seduto, con un sacchetto di plastica nero sul grembo. Più tardi il medico legale si indicherà l'età in una forbice tra i 55 e i 75 anni, altezza, 1.67, peso, 44 chili. Molto magro dunque ma non denutrito o trascurato, anzi presenta dei postumi di piaghe da decubido però ben curate. L'autopsia non scopre le cause delle morte, comunque risalente a poche ore prima del ritrovamento, quindi si propende per un evento naturale.
Con questi scarni dati iniziano le indagini. Telecamere in zona non ce n'erano allora, però si arriva a stabilire che la cassa è stata deposita nella stessa giornata del 9 o al massimo nella notte: nessuno infatti l'aveva notata il giorno prima. Si tratta di anonimi pannelli di legno e l'esame merceologico non fornisce indicazioni utili. Si cercano impronte, tracce biologiche da cui ricavare il dna. Niente da fare. Si prendono le impronte del morto ma, non essendo evidentemente mai stato schedato, non si trovano riscontri nelle banche dati delle forze dell'ordine. Con in mano una foto del volto, ancora in ottimo stato, gli agenti iniziano un estenuante porta a porta. Prima nelle case vicina, poi allargando progressivamente il raggio d'azione. Si bussa ai centri anziani, ai medici di famiglia, agli uffici postali. Nessuno lo conosce e neppure azzarda un «forse...mi pare». Un giro tra commissariati e stazioni di carabinieri non evidenzia infine nessun caso di scomparsa che possa in qualche modo essere ricondotto allo sconosciuto.
Si prova a ragionare. Indubbiamente chi l'ha sistemato ha avuto per lui un minino di «pietas»: non l'ha sbattuto dentro alla bell'e meglio ma l'ha fatto scivolare in una posizione seduta, quasi con delicatezza, non presenta infatti ferite o lacerazioni. Anche la cassa è stata depositata cura a terra e non buttata o fatta rotolare. Spogliato per evitare che dagli abiti si potesse ricavare qualche indizio, ma chi l'ha fatto ha poi avuto il pudore di avvolgergli il sacco nero attorno ai fianchi. Dunque qualcuno con cui aveva un legame di affetto, un parente o un badante che in questo modo può continuare a riscuotere la pensione o utilizzare un appartamento, magari di un ente pubblico. Ma dove? Forse Milano ma non è detto. La vicinanze con la tangenziale e l'Autolaghi, suggerisce che il morto possa arrivare anche da Como o Varese. Portato con un furgoncino, le dimensioni della cassa escludono l'uso di una vettura, ma la vicinanza con la Fiera, a quel tempo non c'era ancora la struttura di Rho-Pero, non aiuta certo a restringere il campo delle ricerche.
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