Ancora non se ne fanno una ragione Antonia e Salvatore Nola, marito e moglie di 59 e 57 anni. «Lo sappiamo che Vittoria è morta, ma il mistero della sua scomparsa ce lo porteremo nella tomba». E scuotono la testa. Come chi, dopo aver tentato oggettivamente di tutto, ha scavato anche negli angoli più reconditi della fantasia. Riuscendo a provare solo una persistente, malsana inquietudine.
Hanno il magone quando parlano della loro vicina di casa e amica Vittoria Raspatti, classe 1920, scomparsa a Milano senza lasciare tracce il 14 luglio 1997. Se la vedono davanti: il vestitino a fiorellini blu, le scarpe beige, la borsetta a buon mercato. E quell'aria disorientata e vulnerabile che hanno gli anziani veramente soli, che dalla vita hanno avuto poco o niente.
Salvatore in questi anni - nonostante il lavoro da conducente dell'Atm, due figli adulti e ora anche una nipotina - insieme ad Antonia e all'amico Ferruccio Patti, si è inventato di tutto per cercare l'anziana scomparsa. Ha parlato con investigatori, magistrati, direttori sanitari, medici, infermieri. E con tanti giornalisti. Non è servito a nulla: Vittoria è come evaporata.
«Pensate che è nata già orfana di padre, in un paesino del Bellunese, Seren Del Grappa - spiega Nola -. Il sindaco, mi ha assicurato che dei suoi parenti lì non c'è più nessuno. È arrivata a Brescia agli inizi degli anni Sessanta per fare la domestica e poi è venuta a Milano dove abitava la sorella maggiore che era malata. Qui, 44enne, si è sposata. E dopo 4 anni era già vedova. È vissuta poverissima, con la pensione sociale. Ci pagava appena l'affitto qui a Porta Genova, ma non il riscaldamento. Spesso non aveva nemmeno da mangiare, ma non l'ho mai sentita lamentarsi. La mattina si scaldava in un bar: prendendo un caffè e ci stava un paio d'ore. Poi veniva in portineria dove lavora mia moglie, in via Vigevano 39». Due parole, un sorriso. Calore umano.
Da sola l'anziana non riusciva ad andare alla posta, a prendere un tram, un taxi, a fare la carta d'identità. «Piazza Duomo l'ha vista una volta appena!» sorride Salvatore.
Poi un giorno Vittoria scompare. All'improvviso, nella sala d'aspetto della radiologia dell'ospedale San Paolo di Milano. Ancora non si dà pace Salvatore ricordando quel pomeriggio del 14 luglio '97. Intorno alle 15 Vittoria cade dalle scale del palazzo per 4-5 gradini, batte un'anca e la testa, si rialza da sola, è un po' confusa ma non perde mai conoscenza.
«Dovevo accompagnarla io in ospedale quel maledetto giorno, ma iniziavo il turno di lavoro. - racconta Salvatore che ancora non si perdona la mancanza- e nemmeno Antonia poteva andare. È stata l'ultima volta che l'abbiamo vista».
Al pronto soccorso del San Paolo, Vittoria viene visitata dal medico di guardia che le riscontra un modesto ematoma frontale sinistro. Quindi la spedisce in radiologia a fare le lastre di routine. Le radiografie non evidenziano fratture e il tecnico la fa accomodare in sala di attesa, dove sarebbe stata raggiunta dalla radiologa. La radiologa effettivamente legge le lastre di Vittoria, ma nota che una delle due non è chiara e ordina che le venga rifatta. Quando la vanno a prendere per riaccompagnarla in radiologia, però, Vittoria non è più nella sala di attesa.
«Non vedendola rientrare, mia moglie andò al San Paolo. Arrivai anch'io, chiedemmo aiuto a tutti, ma senza risultato. L'ospedale - ci dissero - era stato setacciato a fondo, ma della nostra amica non c'era traccia nemmeno nei sotterranei. La troverete a casa c'incoraggiarono i medici. Ma Vittoria non s'è più vista» spiega Nola.
«Dove può essere andata, da sola, una persona così, che aveva paura di ogni cosa e, in autonomia, non era in grado di fare nulla? Mia moglie, ogni volta che passiamo davanti al pronto soccorso del S. Paolo, vorrebbe spaccare tutto...».
Nonostante gli investigatori abbiano chiuso l'inchiesta sulla scomparsa di Vittoria Raspatti, classificandola come un caso di sparizione volontaria (dopo soli 5 giorni!) i suoi amici tentarono in ogni modo di tener desta l'attenzione sul suo caso. E fu così che, cercando l'amica, Salvatore e Antonia Nola vennero coinvolti nella triste storia di un'altra anziana. Nel dicembre 1997, infatti, un'italiana sconosciuta fu ricoverata in un ospedale di Milano. Tre giorni dopo era morta. Per 15 mesi la poveretta rimase nelle celle frigorifere ospedaliere. «Quindi la portarono in obitorio. E chiamarono me e mia moglie per vedere se si trattava di Vittoria. Così fummo proprio noi - aprendo la borsa di quella poveretta nella quale nessuno, in 15 mesi, si era mai sognato di guardare - a scoprire, da una bolletta della luce, che si chiamava Elena Bellintani. Anche lei era scomparsa nell'indifferenza più totale...E nel nostro stesso quartiere!».
Mentre le lastre della caduta sparirono misteriosamente, ci vollero 2 anni a far muovere la Procura. Che mandò i cani da cadavere a fiutare il terreno attorno al pronto soccorso del San Paolo dove, va segnalato, non si scavò mai.
«Cosa credevano di trovare in quel modo e dopo tutto quel tempo? - conclude Nola -. A volte io e mia moglie ci chiediamo se Vittoria non sia stata rapita e uccisa per il traffico di organi...E ci sembra d'impazzire».
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