Glielo avevano promesso: qualora avesse sgarrato ancora le porte del carcere si sarebbero chiuse per sempre, con lui dentro naturalmente. E così è stato: i giudici della sorveglianza di Milano hanno revocato il regime di semilibertà concesso nel 2013 a Renato Vallanzasca, protagonista della mala milanese condannato a 4 ergastoli e a 296 anni di carcere. Vallanzasca qualche settimana fa, il 13 giugno, infatti era stato arrestato - in un supermercato- l'Esselunga di viale Umbria - per aver rubato due paia di mutande e altri oggetti di poco valore. La semilibertà gli era già stata sospesa temporaneamente il giorno dopo la cattura per l'accusa di rapina impropria.
Vallanzasca, attualmente detenuto nel carcere di Bollate, lavorava presso la comunità «Il Gabbiano» e trascorreva a casa i fine settimana. I giudici si erano riservati di decidere. Il suo legale, Debora Piazza, ha detto di non conoscere ancora le motivazioni ma ha spiegato che a suo avviso «questa decisione mal si coniuga con i principi rieducativi della pena e della presunzione di innocenza, che sono principi cardine del nostro ordinamento».
Una volta in aula, il 10 luglio, all'udienza della Sorveglianza, Vallanzasca, presentatosi con l'avvocato Piazza, si è difeso sostenendo di essere stato «incastrato». «Sono molto stanco. Ridatemi il mio percorso». Così si era rivolto ai giudici della Sorveglianza di Milano che, dopo il suo arresto dovevano decidere se revocare o meno la semilibertà concessa nel 2013.
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