Cronaca locale

«Vi aiuto a difendere la vita anche se sono un clochard»

«Vi aiuto a difendere la vita anche se sono un clochard»

Silvestro è di Caravaggio, abituato per nascita alle vite capovolte. Quando una giovane contadina vide la Madonna, correva l'anno 1432: i prodigi non si sono più fermati. Silvestro ha 57 anni, lineamenti spigolosi eppure dolci, un diploma da ausiliario socio-assistenziale, una storia faticosa che l'ha portato a separarsi dalla moglie, a perdere il lavoro da aiuto infermiere, a diventare un senza tetto. «Mi chiamano clochard», dice con tono riflessivo. «Ma io non mi ubriaco e non prendo soldi per ubriacarmi. Vorrei un lavoro, anche fare le pulizie va bene. La crisi me l'ha portato via quattro anni fa e non lo trovo più».
Silvestro Crippa è un senzatetto molto speciale, non solo per l'aria professionale e l'eloquio da filosofo di strada, ma anche perché toccato il fondo, o almeno quello che a molti umani sembrerebbe tale, invece di lasciarsi andare, ha scoperto un senso nuovo. Fa il volontario per la vita davanti alla clinica Mangiagalli. Ogni mercoledì mattina accompagna il suo amico Giorgio, che distribuisce volantini e babbucce di lana rosa e azzurra, e piccole spille a forma di piedino, «grandi quanto quelli di un bambino di dieci settimane che sta in pancia». Domani insieme parteciperanno al Corteo nazionale contro la legge 194. Partenza da piazzale Cadorna alle tre del pomeriggio e in marcia per tre ore fino a piazza Medaglie d'Oro.
«Da otto mesi sono qui. All'inizio sono venuto solo per curiosità. Ora sono sempre più convinto di quel che sto facendo. Mi ha colpito una frase di Giorgio: “se tua mamma avesse abortito, tu adesso non saresti qui”. Sono sempre stato credente, vado a Messa la domenica, ma prima non pensavo mai all'aborto. Ora leggo libri, mi documento. Pian piano ho capito che è una vocazione aiutare gli altri ad aprire gli occhi: mi basta pensare di aver salvato un solo bambino per essere felice».
Silvestro di notte dorme in una comunità, di giorno fa vita di strada: «Chiedo l'elemosina in via Melchiorre Gioia per sopravvivere, che per me vuol dire anche comprare le sigarette e andare in bagno. Nei vespasiani della stazione costa un euro, nei bar devi bere almeno un caffè». In una giornata, racconta, arriva a dieci euro. «Non è divertente chiedere e io non chiedo, metto il piattino e se vogliono mettere i soldi, li mettono. Ti fa guardare il mondo dal basso all'alto, come i cani guardano i padroni».
Quando è davanti alla Mangiagalli a fare l'attivista pro life («io non distruibisco volantini, però faccio filmati»), vede il mondo dall'alto verso il basso. Tutta un'altra prospettiva. «Sto seduto in cima alla gradinata e osservo la gente. Mi colpiscono gli adolescenti quando rispondono: “non me ne frega niente”, o i medici che non accettano i volantini. Ci sono donne che li prendono e li strappano. E poi persone incredibili, che ci ringraziano. Infermieri e dottori che ne prendono pacchetti e li portano in reparto. Una donna che ha abortito e poi è finita dallo psichiatra, adesso viene a aiutarci. E poi la Rina, di Como, ogni mercoledì ci porta da mangiare. Panini, brioche, latte, yogurt, biscotti. È una cosa bella, mi fa sentire che esisto».
Silvestro, da bravo reporter, ha ripreso molti episodi choc. Uno per tutti: quando un gruppo di donne infastidite dalla scritta «Comitato No 194» ha lanciato una torta avariata in faccia a Giorgio, facendolo finire al pronto soccorso. Perché tanta avversione, se l'è mai chiesto? Certo che se l'è chiesto, Silvestro. E si è dato una risposta. Anzi due: «Dà fastidio perché è un infermiere, vestito da infermiere. E poi è costante.

Non molla mai».

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