Il pensiero della chef del ristorante «Il Carpaccio» di via Settala, Gabriella Gavazzi, riassume quello di tutto il quartiere: «Fanno pena e rabbia - dice la signora scaldandosi nonostante i suoi 70 anni davanti al capogruppo di Fratelli d'Italia in Regione Riccardo De Corato-. Loro non vogliono andarsene da qui. E al Comune fa comodo lasciarceli. Per questo applaudo alle ronde: bisognava pur far qualcosa!».
I profughi etiopi ed eritrei, che stanziano per strada tra il reticolato delle vie popolari di Porta Venezia - oltre a via Settala, via Felice Casati, via Lecco, viale Tunisia e via Tadino - guardano con gli occhioni scuri e tristi tutte quelle telecamere venute per loro. La maggior parte sono bambini, o comunque adolescenti, fuggiti da una casa che non esiste più e confinati in un piccolo mondo di strade, tra i loro rifiuti, le bottiglie di birra, i loro escrementi e l'ospitalità «a termine» di qualche connazionale che a Milano ci vive ad una vita.
Luca Longo, giovane salernitano presidente dell'Asscomm Porta Venezia, un'associazione di commercianti senza fini di lucro, apolitica e apartitica, s'impegna da stasera sette giorni su sette e dalle 20 fino alle 6 del mattino a organizzare con i suoi collaboratori tra la zona 3 e 4 le ronde contro il degrado portato dai profughi. Trentotto uomini, riconoscibili da una pettorina che riportano il logo dell'associazione e un numero di telefono a cui gli abitanti possono segnalare eventuali situazioni a rischio o problemi che riguardano il quartiere, saranno coadiuvati anche da Toklu e Shadi, un etiope e un egiziano con funzione da mediatori culturali con le comunità africane. Così ogni giorno un gruppetto di otto persone alla volta svolgerà un'azione di «controllo del vicinato solo in ausilio e non in sostituzione delle forze dell'ordine. Usando filmati e fotografie ma - promette Longo - senza mai alzare le mani! Per carità: noi li chiamiamo fratelli! E noi stessi siamo commercianti, pensionati, casalinghe, studenti. Tutti volontari non retribuiti. La prima settimana sarà di prova, per vederci all'opera, capire quali sono le zone più difficili. Qualcuno tra noi sarà pure in borghese, senza pettorina. E alle ronde sulla sicurezza notturna si aggiungeranno durante il giorno quelle anticontraffazione, altro grande problema della zona».
«Semplicemente sposiamo il pensiero del consiglio di zona 3 che si ribella agli assessori comunali Maiorino (Servizi sociali) e Granelli (Sicurezza) - continua Longo col piglio di chi la sa lunga -. Non hanno saputo gestire il problema profughi a Milano perché non hanno coinvolto la Croce Rossa italiana, l'unica che aveva capacità e strutture per occuparsi di questi ragazzi e non di ghettizzarli in questa zona dove bivaccano e vivono in strada, dove fanno pure i loro bisogni, coinvolgendo così troppo fondo i milanesi residenti nelle loro problematiche e creando situazioni d'intolleranza nelle persone anziane e in quelle culturalmente più impreparate. In particolare per i profughi etiopi ed eritrei non esiste un programma di accoglienza come invece è stato fatto per quelli siriani: queste persone non hanno trovato ad accoglierli né mediatori linguistici né culturali.
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