Incastrato da alcuni filmati. Nelle immagini registrate dagli inquirenti si vede un prete, il cappellano del carcere di San Vittore, don Alberto Barin (51 anni), ricevere le sue vittime in ufficio, all’interno del carcere. Qui tirava fuori da un armadietto i beni di prima necessità chiesti dai detenuti - sigarette, saponette, shampoo, spazzolini o piccole somme di denaro - e glieli consegnava, ma solo dopo aver ottenuto alcuni favori sessuali. Per questo don Barin è finito in manette. Le accuse: violenza sessuale aggravata e concussione. Il cappellano avrebbe commesso i reati nell’arco di cinque anni, tra il 2008 e lo scorso ottobre. È quanto emerge dall’inchiesta coordinata dai pm Daniela Cento e Lucia Minutella e dal procuratore aggiunto Pietro Forno con ordinanza firmata dal Gip Enrico Manzi.
Dopo aver ricevuto, l'estate scorsa, una denuncia da parte di un detenuto, gli inquirenti sono riusciti a piazzare nell’ufficio del cappellano una videocamera, grazie a cui hanno documentato gli abusi. Altre telecamere sono state installate anche nella sua abitazione, dove le vittime, una volta scarcerate per fine pena, venivano ospitate e nuovamente abusate. Almeno sei vittime, tutti giovani, di età compresa tra i 22 e 28 anni, e tutti extracomunitari prevalentemente africani, detenuti per reati di piccolà criminalità come furti e rapine, salvo uno che era in prigione per omicidio.
Il giovane di origine africana che ha fatto scattare l'inchiesta, all'inizio aveva raccontato agli agenti di essere stato violentato da un altro detenuto. Poi ha confessato che ad abusare di lui era anche don Barin. Un racconto che gli agenti hanno poi verificato con tanto di intercettazioni ambientali e telecamere. Sono quattro, in tutto, i filmati che mostrano gli abusi nei confronti di altrettanti detenuti. Il reato contestato a Barin è violenza sessuale aggravata anche per il ruolo del cappellano: il suo parere, infatti, era fondamentale per ottenere il permesso di uscire dal carcere.
"È una vicenda terribile e noi abbiamo agito con grande prudenza quando ci siamo trovati a raccogliere la prima denuncia da parte del giovane africano accusato di reati contro il patrimonio il quale avendo subito violenza da un altro recluso spiegava a verbale che non si trattava della prima volta",
dice il procuratore aggiunto diMilano Pietro Forno, coordinatore del pool che si occupa di reati sessuali. Don Alberto è ora recluso nel carcere di Bollate, dove sarà interrogato nei prossimi giorni.
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