Il mistero dell’operaio «suicida» col cacciavite

Il mistero dell’operaio «suicida» col cacciavite

Carlo Quiri

da Bergamo

Una morte talmente orribile da sfuggire a qualsiasi spiegazione apparente. A Romano di Lombardia, grosso centro della Bassa Bergamasca, un operaio di 35 anni è stato trovato senza vita nel garage di casa, con un cacciavite conficcato nella tempia destra, alcune siringhe accanto e tracce di benzina nel sangue, dovute a un'iniezione endovenosa di carburante. Un vero e proprio giallo, classificato all'inizio come suicidio ma diventato ben presto omicidio a tutti gli effetti, per quanto il fascicolo giudiziario sia aperto a carico di ignoti.
Ecco il rebus sul quale stanno indagando gli inquirenti di Bergamo e il Ris di Parma, chiamato in causa per decifrare la dinamica dell'accaduto. L'iniezione endovena di benzina dovrebbe infatti portare al coma in modo quasi immediato, se non alla morte, sicché sembra molto difficile che la vittima si sia poi infilzata piantandosi il cacciavite in testa, né pare ipotizzabile il percorso inverso. A complicare il quadro ci sono poi ulteriori particolari, come tre ferite sul petto della vittima, prodotte sempre dalla siringa, probabilmente con lo scopo di iniettare benzina, e diversi proiettili esplosi dopo essere stati inseriti in una morsa e percossi con un martello, anche questi classificati all'inizio come corredo del tentativo di suicidio.
La vicenda risale a una settimana fa, alla mattina di martedì scorso, quando Massimo Bellini viene trovato senza vita dalla moglie.

Incensurato, operaio turnista per una ditta di Romano, un figlio di 10 anni, la passione per la meccanica e una Bmw come unico sfizio, giaceva accanto all'auto nel garage dove si dilettava a eseguire piccole riparazioni per il vicinato. Lì, alle 8,30 di martedì 31 gennaio, l'operaio è stato trovato riverso a terra in una pozza di sangue. Gli inquirenti hanno subito parlato di suicidio, ma in paese la tesi non ha convinto quasi nessuno.

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