Controcultura

Da Monaco alla morte di Balbo. Un ventennio concentrato in appunti precisi, densi di storia e sempre più sconsolati

Ecco alcuni stralci dei diari di Amedeo d’Aosta

Amedeo di Savoia Duca d'Aosta

IL BATTESIMO DEL VOLO

«Arrivo al campo. Ferrarin non aveva lo SVA pronto per cui mentre lo preparavano mi porta su con uno dei nuovi monoplani e non so perché mi fa pigliare una fifa porca (oltre al freddo) sebbene non avesse fatto alcuna acrobazia. Giuravo di non salire mai più in volo e non vedevo l'ora di essere in terra. Forse era che questo velivolo saliva quasi diritto avendo un motore strapotente. Dopo tutta quella paura però salgo lo stesso sullo SVA che intanto era stato messo a punto. Appena prendo in mano il comando e messi i piedi sulla pedaliera tutta la fifa mi sparisce come per incanto e sebbene non fossi affatto pratico pure faccio un volo discreto durante il quale mi sono divertito un mondo. Ferrarin è un ottimo istruttore e conto di poter fare rapidi progressi. Sebbene l'aria fosse mossa e si ballasse abbastanza non ho mai provato quel certo senso quando pilota un altro durante la caduta nelle saccocce d'aria. Ho perfino fatto una partenza e un atterraggio».

20 maggio 1926

CRISI DI MONACO

«La relazione della seduta alla Camera dei Comuni di ieri dà leggermente i brividi. La scena di Chamberlain che riceve il biglietto scritto a lapis da Halifax che annuncia la notizia che il Duce ha ottenuto da Hitler il rinvio della mobilitazione e si convoca la conferenza a quattro. Oggi il Duce ha in mano le sorti del mondo e se evita la guerra avrà fama immortale e conquisterà il cuore dei popoli. Pare che lunghe file di persone a Parigi e a Londra vanno a firmare i registi delle ambasciate italiane. Che trionfo per il nostro paese! Ora speriamo che la conferenza funzioni. Intorno al tavolo Mussolini è l'unico che sappia parlare le quattro lingue!».

29 settembre 1938

ANCORA SULLA CRISI DI MONACO

«Il mondo ha tirato un gran sospiro. Il Duce ha trionfato nella pace ed è tornato a Roma. Con animo commosso dal balcone della Casa del fascio ho udito il ruggito della folla di Roma e la laconica frase del Duce. Dinanzi a me migliaia di italiani hanno ascoltato anche loro frementi nel quadro delle misere catapecchie dell'attuale città che rifaremo nuova e degna della grandiosa cerchia di monti che la circonda. Alla radio ho seguito il ritorno di Chamberlain! Veramente eccezionale per Londra tributare un simile trionfo ad un premier. È una buona cosa anche per noi perché vuol dire assicurargli le prossime elezioni ed egli è un nostro amico».

30 settembre 1938

INCONTRO COL DUCE

«Dal Duce più di un'ora e mezza. Gli ho esposto la situazione militare dell'Impero quale è effettivamente senza eufemismi, senza mezzi termini. Non gli ho fatto certo piacere. Ogni tanto credevo mi mettesse alla porta, invece se ne stava calmo e tranquillo ed incassava. Non si è mosso neppure quando, uscendo dal mio campo, gli ho detto che da quanto avevo visto nel breve tempo che ero tornato, mi pareva che il popolo italiano non aveva nessuna voglia di fare la guerra e ancora meno di farla con i tedeschi che detestava. Teruzzi (Attilio Teruzzi, ministro dell'Africa Italiana, già governatore della Cirenaica) vicino a me mi guardava con gli occhi fuori della barba! Nel congedarmi il duce ha avuto una espressione molto simpatica per dire che apprezzava chi gli diceva la verità e non era un facilone ed un ottimista. Finiva col dire di tornare domani. Così con un peso di meno sulla coscienza ed il sacco vuoto sono andato a pranzo allegro».

5 aprile 1940

SECONDO INCONTRO COL DUCE

«Poi da De Bono (Attilio De Bono, già governatore della Tripolitania e già ministro delle Colonie) che anche lui piuttosto preoccupato della situazione interna ed esterna ed infine dal Duce con Teruzzi e Soddu (Ubaldo Soddu, generale e sottosegretario al ministero della Guerra). Esauriti gli argomenti militari e fatto promettere a Soddu di sputare uomini e materiali che mi occorrono, il Duce mi ha trattenuto e mi ha detto che era molto contento di me e del mio lavoro laggiù con parole che mi hanno fatto piacere. Poi mi ha detto di restare sotto mano per qualche giorno per parlare ancora della situazione interna dell'Impero».

6 aprile 1940

CRISI MORALE DEL PAESE

«Ormai è quasi una settimana che sono qui e posso farmi un quadro della situazione facendo il punto. Il Paese ha una crisi morale data da qualche anno di fesserie che hanno fatto i gerarchi del partito. Il partito per me rappresenta quello che nei governi parlamentari è l'opposizione. Un governo senza una forma di controllo non è un governo, perciò il partito è l'opposizione che fa il controllo costruttivo del governo con lo stesso spirito col quale il mio motorista mi controlla il pilotaggio. Il motore è il cuore dell'aeroplano ed il popolo è il cuore della Nazione, il federale è il motorista ne veglia sulla conservazione sullo spirito sul morale. Purtroppo il partito si è riempito di magnoni, di incapaci e di manigoldi ed il popolo ne ha piene le saccocce e quel che è peggio sta perdendo la fede, cosa grave in questo momento. C'è ancora tempo per salvare la cosa ma occorre agire con prontezza e con energia».

9 aprile 1940

ENTRARE IN GUERRA DA ANTITEDESCHI

«Come ho già detto le nostre simpatie non sono con i tedeschi che sono ammirevoli, ma detestabili, orrendi. Forse in seguito, quando si saranno sfogati ed avranno esaurito la loro pressione interna, saranno più umani e più assimilabili. Ma se il nostro cuore ed i nostri sentimenti sono con gli inglesi a cui tanti ricordi di educazione e di affetti privati ci legano, gli interessi supremi del paese sono dall'altra parte, non c'è neppure da discutere. È meglio che gli eserciti germanici girino come nel 1914 per le Fiandre che nella pianura padana. È meglio essere con la parte del più forte anche se più pericolosa. È meglio essere col mondo nuovo delle idee moderne che sono venute in fondo da Roma nuova che con il vecchiume capitalistico. Quindi, malgrado il dramma che nell'animo di ognuno si combatte e nel mio in modo particolare, non c'è che fare: bisogna entrare nel conflitto. Ora alla saggezza del Re e del Duce di scegliere il momento».

14 maggio 1940

LA MORTE DI ITALO BALBO

«Arriva improvvisa la notizia della morte di Balbo! Ne provo un vivissimo, profondo dolore perché malgrado i suoi numerosi difetti, alcuni anche grossi, Balbo era uno dei migliori gerarchi. Aveva una forte personalità in un mondo di vigliacchi e leccapiedi quale imperversa oggi e per questo era rispettabile. Rappresentava l'ardimento, la spregiudicatezza, la gioventù pur temperata da equilibrio che la responsabilità gli aveva data. Con me era sempre stato leale camerata e compagno corretto e di modi perfetti. Il Paese perde col Mar. Balbo uno dei suoi migliori capi. Tutti qui ne sono profondamente colpiti e addolorati».

29 giugno 1940

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