Mondiali sotto casa L’Italia riscopre la febbre del volley

Venerdì la calda voce di Fiorella Mannoia, nella splendida cornice del Castello Sforzesco, taglierà idealmente il nastro del 17° mondiale di pallavolo maschile. Il secondo in Italia dopo quello del 1978, quando il sestetto di Carmelo Pittera cadde solo davanti all’armata sovietica conquistando un argento davvero inatteso.
Sarà un Mondiale globale, con 24 nazionali e 5 continenti rappresentati, una formula inedita - tre fasi eliminatorie, solo semifinali e finali a partita secca -, e spalmato forse troppo sul territorio italiano (da Milano a Catania ben dieci sedi, 32 anni fa erano appena sei con lo stesso numero di squadre, Roma e Ancona le uniche città a fare il bis) per avere la giusta attenzione di pubblico. Anche se i dati forniti dagli organizzatori parlano di 60mila biglietti già venduti per la prima fase. Settantotto le partite in 16 giorni (42 quelle trasmesse dalla Rai in diretta o in differita sui canali del digitale terrestre), per gli azzurri di Andrea «Nano» Anastasi debutto non morbidissimo a Milano con il Giappone sabato alle 21. Con la speranza di arrivare all’atto conclusivo del PalaLottomatica di Roma il 10 ottobre, dove l’Italia maschile della pallavolo ha vinto l’ultimo oro (Europei 2005, ct Montali). A margine dell’evento mostre e villaggi promozionali, manifesto ufficiale opera di Arnaldo Pomodoro, l’inno «Volleyball» scritto dal gruppo rock torinese dei Subsonica, due francobolli celebrativi (uno emesso da San Marino) e le medaglie della Zecca, un progetto di solidarietà legato alla Onlus Operation Smile.
Il Brasile (vincitore delle ultime due edizioni) e la Russia di Daniele Bagnoli - con il 22enne Muserskiy, 218 centimetri, la «torre» del torneo - le favorite d’obbligo, poi un gradino sotto, oltre all’Italia padrona di casa, la Bulgaria di Silvano Prandi, Cuba, Polonia, Serbia e gli Usa, campioni olimpici a Pechino proprio a spese dei verdeoro guidati dal fenomeno Gilberto Amaury de Gody Filho, meglio conosciuto come Giba. Sette in totale le panchine che parlano italiano (Antonio Giacobbe, ct dell’Egitto ed ex allenatore dell’Italia in rosa, sarà nostro avversario nella prima fase) se consideriamo anche i «naturalizzati» Daniel Castellani, Raul Lozano e Julio Velasco alla guida rispettivamente di Polonia, Germania e Spagna. «La nostra nazionale è una buona squadra, ma per andare lontano servirà qualcosa di più - così il presidente della federazione italiana Magri -. Non c’è un obiettivo minimo, speriamo di arrivare alla final four. Poi è chiaro che quando ti chiami Italia e giochi per di più in casa, sei sempre obbligato a vincere». E vincendo la prima fase, l’Italia giocherebbe a Catania con la certezza di non incontrare il Brasile prima degli incontri validi per le medaglie.
Intanto l’allenatore dei sudamericani Murilo, un passato a Modena, ha già acceso la polemica contestando la formula e accusando gli azzurri: «Si sono preparati una bella autostrada per le semifinali». Anastasi pensa a lavorare con il gruppo dei quindici (che giovedì sarà ridotto di un’unità con l’esclusione di uno tra Zaytsev e Maruotti) nel ritiro a porte chiuse di Mantova. «So di contare su una rosa all’altezza e ben preparata, ho sensazioni positive, faremo di tutto per salire sul podio», dice il nostro ct, al secondo mandato azzurro dopo la felice parentesi spagnola (con il titolo europeo del 2007).

L’Italia propone un bel mix di anziani come Alessandro Fei - campione del mondo a 20 anni in Giappone - e di giovani, tra cui il figlio d’arte Travica, croato naturalizzato. Lontanissimi i fasti degli anni ’90, la speranza è di tornare fra i grandi.

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