«Un mondo senza cancro non è un’utopia»

«Ho sognato un mondo senza cancro», se a crederci è uno dei più illustri ematologi al mondo quel sogno potrebbe diventare realtà. E' il professor Franco Mandelli presidente dell'Ail (associazione italiana contro le leucemie, linfomi e mieloma) a raccontare in un libro insieme a Roberta Colombo, le battaglie di un uomo che non si arrende, gli incontri in un'intera esistenza spesa per curare i tumori del sangue. Edito da Sperling & Kupfer il volume (280 pagine, euro 18) presenta i volti della malattia, ma anche il coraggio di chi non ha mai smesso di sperare. Il grazie di una donna guarita da leucemia, oggi madre, l'avventura quotidiana di un medico che ha saputo spogliarsi del camice bianco per incontrare uomini, donne e bambini prima ancora d'essere pazienti. E non sono mancate le difficoltà. Il professor Mandelli, bergamasco di nascita (classe 1931) romano di adozione, non nasconde gli ostacoli incontrati nella sua lunga carriera di medico: la burocrazia ottusa, la scarsa lungimiranza dei colleghi, la cronica mancanza di risorse e di spazi. "Fossi rimasto a Bergamo - dice - avrei speso un decimo delle energie per rendere l'Ematologia italiana una realtà a livello europeo". I suoi pazienti lo chiamano "il professore", qualcuno aggiunge "il mio professore", perché quel piccolo uomo ha saputo essere un alleato contro il male, ma anche un padre premuroso. Per la sua attività scientifica e di solidarietà Mandelli ha ricevuto numerosi riconoscimenti, fra i quali l'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana e la medaglia d'oro per meriti nel campo della sanità pubblica. Centinaia le pubblicazioni scientifiche a sua firma sia in Italia sia all'estero.
Professor Mandelli ha voluto titolare il suo libro Ho sognato un mondo senza cancro. È un'utopia? «Sono fortunatamente lontani gli anni in cui leucemie e linfomi erano considerati una condanna a morte certa. Lo scenario è cambiato in modo positivo e sono convinto che cambierà ancora in meglio e presto, perché la ricerca continua a registrare progressi. Oggi per un numero elevato di pazienti vi può essere la prospettiva della guarigione. Ovviamente molto dipende dalla forma di linfoma, dallo stadio della malattia e dall'età in cui ci si ammala. Sono più avvantaggiate, contrariamente a quanto comunemente si pensa, le persone giovani in buone condizioni di salute che non abbiano contratto altre malattie. L'AIL deve salvaguardare i pazienti affinché abbiano la migliore terapia, che non deve essere disgiunta dalla garanzia di una buona qualità di vita».
Mancano i fondi per la ricerca, le industrie farmaceutiche non hanno interesse a produrre medicine in fase di sperimentazione. Cosa fare? «Promuovere la ricerca indipendente. Se si ipotizza che un farmaco è in grado di dare dei risultati bisogna poterlo testare autonomamente senza dover passare dai colossi farmaceutici, non interessati a produrre senza la garanzia di un effettivo guadagno. Per fare ciò servono soldi, l'aiuto di tutti. Il ricavato del libro sarà destinato alla ricerca e al sostegno delle attività dell'AIL».
Professor Mandelli, lei crede nei miracoli? «Certo, ci credo.

Non ho mai detto direttamente ai miei pazienti non c'è più nulla da fare. Può sempre accadere qualcosa, una nuova cura, una reazione inaspettata a dei farmaci. Ho visto rinascere persone date per spacciate. Per questo dico a chi è malato: non smettere mai di sperare».

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