Quando parla bofonchia e quando tace lo fa con l’eleganza di un elefante in una cristalleria. Stiamo parlando di Romano Prodi, un signore di Bologna che per ventura è presidente del Consiglio. Le cronache quotidiane ce lo hanno consegnato in questi giorni nelle vesti di podista-ciclista-economista-statista capace di illuminare qualsiasi problema che affligge l’umanità con il suo pensiero. Ieri, impegnato in una pedalata di quattro ore in quel di Castiglion della Pescaia ha deciso di tacere perché si divertiva «davvero tanto». Dunque il ciclista Prodi sceglie di andare in surplace. E possiamo perfino comprenderlo, in fondo sessantuno chilometri in bicicletta con Cassani sono qualcosa di eroico e ti lasciano senza fiato. E poi il mondo intero, non solo l’Italia, da quando l’Unione governa è diventato un giardino di delizie.
Che cosa mai poteva dire il presidente del Consiglio sul complotto terroristico sventato a Londra?
Quali mirabili soluzioni diplomatiche poteva suggerire Prodi per disarmare gli hezbollah?
Quali parole di conforto per la famiglia del ragazzo italiano ucciso da un palestinese a Gerusalemme?
Niente. Il suo armamentario dialettico era già stato sparato tutto (a vuoto) nei giorni scorsi, quando spendere parole era un puro esercizio di emissione di suoni e non l’impegno del capo di un governo. «Ho parlato anche troppo» ha detto Prodi in un involontario sussulto di sincerità ai giornalisti che pendevano dalle sue labbra, sotto il sole, all’ingresso del residence Rocca Mare dove rimarrà fino al 20 agosto. La guerra in Medio Oriente può attendere momenti più pensosi perché «mi sto divertendo». La morte di un ventiquattrenne italiano, pugnalato nella Città Santa, non è argomento che possa reggere il confronto con la cronaca sportiva di Davide Cassani che racconta di un «Presidente in grande forma». Perché è inutile interrogarsi sui massimi sistemi quando c’è Prodi «che pedala bene, in maniera sciolta». Inutile ricordargli - sottovoce, per carità - che un presidente del Consiglio deve essere puntuale nelle dichiarazioni, mai intempestivo, sempre attento all’agenda nazionale e internazionale. Niente, il bon ton istituzionale finisce a carte quarantotto al cospetto di un Prodi - Cassani dixit - che «quando è in sella dimentica tutti i problemi della politica».
Solo alla fine della pedalata Prodi ha rotto il silenzio. Sceso dalla sella, asciugato il sudore, ha speso le sue parole per il ragazzo ucciso a Gerusalemme: «È stato un atto determinato ed efferato», ha esordito. Gli israeliani parlano di atto terroristico, accoltellato da un palestinese, ma l’equivicino Prodi è un maestro insuperabile di prudenza, meglio non sbilanciarsi: «Per ora so quello che sapete tutti. Domani comunque cercherò la famiglia del ragazzo per darle le condoglianze e parlerò con gli amici volontari che gli stavano accanto».
Domani? L’avesse detto Silvio Berlusconi oggi leggeremmo articolesse colme di sdegno e vibrante protesta. Più tardi, al tramonto, smaltiti i postumi della pedalata, Palazzo Chigi ha cercato di metterci una pezza. Prodi è diventato uno sprinter e il suo «domani» è diventato un messaggio dove «la scomparsa di Angelo mi riempie di dolore.
Il sole è tramontato, la giornata del Prodi che si sta «divertendo moltissimo» è finita, sulla sua annunciata «giornata di disoccupazione» scorrono i titoli di coda. E non è un happy end.
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