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Bombe su Gaza, uccisi 6 bimbi. E Hamas bluffa sulla tregua

Quattro bambini colpiti in spiaggia. Altri due morti nei raid sulla Striscia. Gli integralisti prima rifiutano la tregua e poi ne propongono una per 10 anni

Bombe su Gaza, uccisi 6 bimbi. E Hamas bluffa sulla tregua

In una giornata segnata dallo sgomento di Israele e del mondo per quattro bambini palestinesi uccisi su una spiaggia di Gaza da un disgraziato sparo di una nave israeliana e altri due colpiti nel corso di un raid, Hamas vuole rientrare nel giuoco, e lo vuole fare da gran furbo, proponendo, come vuole la cultura del mondo arabo, ciò che può indurre il nemico alla confusione e alla fine, alla sconfitta definitiva. Hamas, dopo che martedì aveva rifiutato la tregua proposta dall'Egitto e invece accettata da Israele, ieri ha presentato la sua proposta, un disegno di «hudna» in dieci punti, una tregua temporanea e tuttavia grandiosa, ben dieci anni di «cessate il fuoco».

Mentre ieri su Israele seguitavano a piovere un centinaio di missili con la distruzione, fra l'altro, di una clinica per bambini a Ashkelon e mentre Israele richiama ottomila riservisti e intima (invano) l'evacuazione di 100mila abitanti del nord-est di Gaza, pare che proprio la leadership militare guidata da Mohammed Deif abbia prodotto una proposta finora legittimata dall'organizzazione. Il contenuto è interessante per la sua ambizione: rivela come Hamas non ammetta affatto la rovina economica, la distruzione estesa di basi militari e armi, il fallimento nel colpire le persone degli israeliani, le perdite umane, la sistematica eliminazione degli edifici dove abitano i suoi capi. Hamas vuole passare da vincitore di fronte al mondo arabo, pensa che l'avere violato la sovranità nazionale di Israele costringendone i due terzi a correre nei rifugi pieghi il nemico e anche l'opinione pubblica internazionale. La sostanza dei dieci punti consiste nella fine del conflitto attuale, nel controllo, con l'aiuto internazionale, specie dell'Onu, dell'aereoporto, del porto, di dieci chilometri di mare, nell'apertura del passaggio di Rafiah, verso l'Egitto, e di quello (Kerem Shalom) con Israele e la liberazione dei terroristi liberati nello scambio per Gilad Shalit e ricatturati nelle ricerche dei tre ragazzi israeliani rapiti. Non si fa una parola sui diecimila missili stipati nelle grandi riserve nella rete di gallerie sotterranee e che sono l'obiettivo primario di Israele, né sul potere nella Striscia, che Israele vorrebbe fosse moderato dalla presenza di Abu Mazen sulla scena. Non a caso ieri parlando alla ministra degli Esteri italiana Federica Mogherini il primo ministro Netanyahu le ha ripetuto che Israele vuole il disarmo di Hamas, unica garanzia di pace.

Non ci sono per ora reazioni ufficiali alle proposte di Hamas, ma si può dire che il perno di ogni possibilità di cessate il fuoco è tuttora riposta nel generale Sisi. È del tutto evidente, dice il mediorentalista Harold Rhode: «Una hudna come quella proposta da Hamas nasce per essere rotta come quella di Hudaibiya del 627 al momento più conveniente per sconfiggere il nemico, quando Maometto riaprì a sorpresa la guerra. Chi accetti una tregua come quella proposta da Hamas otterrà solo la fama letale di essere un debole». Il generale Sisi, al Cairo, seguita a promuovere l'unica tregua di cui Israele possa fidarsi insieme a molti ospiti: Tony Blair, Abu Mazen, il delegato di Hamas Mussa Abu Marzuk, vari responsabili israeliani. La tv egiziana spiega che si sta agitando anche uno schieramento contrapposto, quello che ha convinto Hamas a non accettare l'accordo proposto, e che è il reale motore della proposta di Hamas e dei missili di queste ore. In una parola, il Medio Oriente si sta disegnando nei suoi reali contorni: da una parte Hamas, la Turchia, il Qatar e in queste ultime ore anche la Tunisia, ovvero l'asse della Fratellanza Musulmana. Dall'altra si profila uno stupefacente allineamento in cui campeggia l'Egitto, si profila l'Arabia Saudita e la Giordania, Abu Mazen è la vera carta su cui tutti puntano, e naturalmente, Israele, con cui nessuno dichiara un'allenaza, è la testa di ponte. Si organizza, vicino a Israele, una guerra sunnita tesa a distruggere gli estremisti. Le propagini di Hamas, è evidente, arrivano all'Isis e a Jabat al Nusra, tanto che anche Assad si è fatto vivo con una dichiarazione di sostegno ai palestinesi ma contro Hamas.

Netanyahu che dimostra una tempra e una resistenza pari alla pazienza con cui fronteggia i nemici interni e la delegittimazione internazionale, affronta anche la paradossale situazione per cui, dopo aver accettato la tregua viene difeso dalla sinistra ed attaccato dai suoi dentro il Likud e dal ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, di «Israel Beitenu», a destra del Likud.

Bibi non ha voluto finora usare le forze di terra, ha conquistato una legittimazione internazionale senza precedenti abbracciando la tregua egiziana. Purtroppo ieri l'uccisione dal mare di quattro bambini palestinesi, un incidente di guerra su cui le proteste internazionali si inseguono, riporta alla solita criminalizzazione di Israele, ma anche a questioni più serie: quando si libererà buona parte del popolo palestinese da un'organizzazione jihadista che ne fa un misero schiavo nella vita quotidiana e che lo trascina in guerre spietate contro i civili, cui Israele risponde compiendo alle volte anche quegli errori che in guerra sono purtroppo fonte di quotidiano dolore?

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