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Ecco la legge Usa anti molestie: ma il frutto del MeToo non piace a tutti

Il Congresso americano dà il via libera alla nuova legge sulle molestie. Ora nelle grandi aziende non ci sarà più l'arbitrato ma si passerà direttamente in tribunale. Esulta la politica, ma dal mondo dell'impresa piovono critiche

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Niente più arbitrato per dipendenti che subiscono molestie sessuali: si va direttamente in tribunale. È questo il contenuto della nuova legge, approvata dalla Camera e dal Senato del Congresso degli Stati Uniti, con un voto bipartisan, questa settimana. Ora manca la firma del presidente Joe Biden per la promulgazione, ma è solo una formalità perché la Casa Bianca è fra i promotori. È un voto storico, per due motivi. Prima di tutto perché è bipartisan e in un clima di fortissima polarizzazione fra Democratici e Repubblicani è veramente un’eccezione. Secondo, come sostiene Lindsey Graham, senatore repubblicano fra i promotori del testo in Senato, è la maggior riforma sul lavoro dal 1970, da quando venne introdotta la legge sulla sicurezza e la salute sul luogo di lavoro.

La nuova norma introduce un emendamento sulla Legge dell’Arbitrato del 1925. L’emendamento impedisce all’azienda di obbligare, per contratto, i suoi dipendenti a ricorrere ad un arbitrato interno in caso di molestia sessuale. La norma nasce dal movimento Me Too, iniziato nel 2017: un’ondata di denunce di molestie da parte di donne (e di una minoranza di uomini) in tutti gli ambienti di lavoro, non solo spettacolo e media. Già grandi aziende come la Microsoft, la Alphabet (proprietaria di Google) e Uber avevano eliminato la clausola dell’arbitrato dai loro contratti, permettendo a chiunque avesse da denunciare una molestia di ricorrere in tribunale, senza obbligarlo a “lavare i panni sporchi in famiglia”. Con la nuova normativa, quando entrerà in vigore, la gestione come quella di Microsoft, Alphabet e Uber e altre, diventerà l’unica a norma di legge.

Tutti contenti, dunque? L’opposizione politica è irrisoria, sicuramente è soddisfatta la conduttrice televisiva Gretchen Carlson, sponsor della nuova iniziativa di legge, nota per aver denunciato le molestie subite nella Tv Fox News ad opera dell’amministratore delegato Roger Ailes (morto nel 2017, meno di un anno dopo lo scandalo). E sono soddisfatte anche le femministe, che hanno lanciato la causa Me Too, per rivoluzionare la giustizia per le donne sul posto di lavoro. La Camera di Commercio degli Stati Uniti, invece, non esprime altrettanto entusiasmo e fa presente che lo strumento dell’arbitrato interno fosse: “Un metodo equo, efficace e meno costoso per risolvere le dispute, rispetto al ricorso in tribunale”.

Su tutti i casi di denuncia per molestie sessuali dal 2017 al 2020, sono state travolte dallo scandalo più di 200 persone celebri del mondo dello spettacolo, dell’informazione e delle grandi aziende. Tuttavia solo sette sono le condanne e cinque sono i processi ancora in corso. Si può leggere questa drammatica sproporzione con occhiali da giustizialista e ritenere che la magistratura non abbia gli strumenti adatti per perseguire i molestatori. L’ultima legge approvata da entrambi i partiti serve proprio a coprire questa possibile lacuna. Ma si può guardare a questi numeri anche con occhi da garantista e ritenere che, chi non è stato condannato, sulla base di prove inoppugnabili, è innocente.

Portando a processo chiunque sia sospettato di molestie, senza passare dal filtro di un arbitrato interno, si può fornire un’arma letale a chiunque voglia far saltare i vertici di un’azienda. Non è detto che le molestie denunciate siano tutte vere, soprattutto se chi le denuncia parla di fatti accaduti anni o decenni addietro. È però scontato che la persona denunciata, specie se va di fronte al giudice, sia nel frattempo mediaticamente rovinata e la sua azienda con lei.

Da un punto di vista delle libertà, la nuova normativa è una nuova violazione del diritto di proprietà. I rapporti in azienda si basano soprattutto sulla fiducia fra datore di lavoro e dipendente. Se lo Stato si intromette, impedendo al datore di lavoro di firmare un contratto col suo dipendente in cui entrambi si impegnano a ricorrere ad un arbitrato interno, vi sarà comunque meno libertà di impresa.

Da un punto di vista della parità dei sessi, si tratta veramente di una vittoria delle donne? Considerando che sono loro le prime vittime delle molestie, sicuramente sì. Ma si deve tener conto anche di un inevitabile effetto collaterale. Già dal 2018, dopo il primo anno di Me Too, si sono diffuse molte regole non scritte nelle aziende, a partire dalle finanziarie di Wall Street: evitare le donne a tutti i costi. Quindi, niente pasti assieme, evitare di essere da soli nello stesso ascensore, evitare posti vicini in aereo e stanze vicine in albergo, niente meeting a due.

Dopo Me Too, soprattutto con la nuova legge, è tornato l’incubo delle femministe: una segregazione dei sessi.

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