Giulio Regeni è stato ucciso da "professionisti della tortura" a causa delle sue ricerche in Egitto, pur non essendo legato ai servizi segreti. Ne sono sicuri i pm di Roma che indagano sulla morte del giovane ricercatore e che hanno finito di analizzare computer e il resto del materiale agli atti.
Secondo quanto si è appreso, gli inquirenti avrebbero appurato che il ragazzo non aveva né avuto contatti con persone equivoche, né che i dati raccolti siano usciti fuori dall'ambito universitario. I pm romani che indagano sulla morte del ricercatore hanno anche avanzato una richiesta alle società che gestiscono i maggiori social network per ottenere le password utilizzate da Regeni in modo da poter ricostruire gli spostamenti effettuati dal ricercatore con la geolocalizzazione. Secondo quanto si apprende, inoltre, non risultano schedature fatte in Egitto, anche se l'episodio di una foto scattata da uno sconosciuto durante l'assemblea di un sindacato indipendente aveva turbato il ricercatore universitario.
Qualche elemento in più potrebbe arrivare al pm Sergio Colaiocco la prossima settima quando il medico legale Vittorio Fineschi depositerà i risultati definitivi dell'autopsia.
Di certo finora è emerso che non si tratta di un fatto di sangue legato a droga (non è emersa alcuna traccia di sostanze stupefacente), a una rapina o a un fatto passionale. Giulio Regeni, hanno accertato gli inquirenti di piazzale Clodio, conduceva una vita ritirata, era molto legato alla fidanzata e non consumava droga.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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