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Il reggae diventa patrimonio dell’Unesco

Ha favorito il dibattito su ingiustizia, amore e umanitá: la musica reggae diventa patrimonio dell’Unesco

Il reggae diventa patrimonio dell’Unesco

Il reggae diventa patrimonio culturale dell’umanità. Un riconoscimento speciale che forse neanche Bob Marley e Jimmy Cliff avrebbero mai immaginato. Il comitato speciale dell’Unesco, radunatosi a Port-Louise, capitale delle Mauritius, ha infatti stabilito che per “il suo contributo al dibattito internazionale su questioni legate all’ingiustizia, alla resistenza, all’amore e all’umanità”, la musica reggae é entrata ufficialmente nella lista dei beni culturali immateriali patrimonio dell’umanità.

Per l’agenzia delle Nazioni Unite infatti i principi socio-politici e spirituali, costantemente richiamati nelle canzoni reggae, avrebbero negli anni alimentato le coscienze dei popoli, educandoli al riconoscimento di valori fondamentali quali l’amore e la giustizia. Nato negli anni ’60 sulle spiagge della Giamaica, il genere reggae si é via via affermato in tutto il mondo, grazie al successo di personalitá come Bob Marley e Peter Tosh. Associato a melodie caraibiche e alla religione rastafariana, il reggae si accinge presto a diventare un vero e proprio stile di vita capace di contaminare vecchie sonoritá e creare nuovi generi musicali.

Dalla dancehall al raggamuffing, dalla musica dub all’R&b, sono tanti i generi musicali contemporanei che affondano le proprie radici nel reggae. Messaggi di pace e di amore fraterno tra uomini e popoli accompagnano i singoli dei padri della reggae music, diffondendo una eco di solidarietá e speranza a livello globale. Un’onda che a distanza di decenni non smette di incantare e seminare i suoi frutti.

Ma anzi, sembra adesso conquistare i migliori riconoscimenti.

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