Inizia oggi il nuovo sultanato del presidente turcoo Recep Tayyip Erdogan che per altri cinque anni governerà la Turchia. Erdogan dovrà affrontare diverse sfide interne e internazionali durante questo lustro politico, dopo la vittoria delle elezioni nazionali lo scorso 24 giugno. Gli ultimi mesi sono stati contrassegnati da numerose fratture tra la Turchia e i paesi occidentali per questioni riguardanti i migranti, l’entrata di Ankara nell’Unione europea, l’avanzata del fondamentalismo religioso in Turchia e le sempre più strette relazioni diplomatiche di Erdogan con la Russia di Vladimir Putin.
Le matasse che Erdgodan cercherà di dipanare riguardano i seguenti protagonisti: Stati Uniti, Russia, Unione Europea, Siria e Israele.
Rapporti diplomatici con gli Stati Uniti
Le relazioni con Donald Trump sono iniziate a scricchiolare dopo il forte disaccordo sulla gestione del conflitto siriano e la lotta al terrorismo islamico internazionale. Dopo le diverse accuse fatte ad Ankara riguardo la vendita del petrolio ai ribelli siriani affiliati all’Isis, la Casa Bianca ha deciso di rafforzare i propri rapporti amichevoli con la milizia curda dell’Ypg, considerata un gruppo “terrorista” che stanzia sul confine turco-siriano.
Relazioni con la Russia
Negli ultimi mesi il mondo ha assistito alla ripresa di un dialogo pacifico tra Ankara e Mosca. Le relazioni tra Erdogan e Putin sembrano essere molto positive, tanto che lo stato turco ha deciso di acquistare una serie di batterie missilistiche S-400 russe. Quest’operazione risulterrebbe essere totalmente incompatibile con i diktat imposti dalla Nato sulla difesa dei confini europei. Dobbiamo infatti ricordare che Ankara fa parte del Patto Atlantico dal 1952 e tutto ciò aggrava la posizione del Rais turco di fronte agli altri paesi membri antisovietici. Erdogan si trova ora tra due fuochi: sceglierà di continuare a essere un paese Nato o preferirà allinearsi con la politica estera di Mosca?
Il complicato scenario siriano
“Noi non siamo la Libia e non faremo la sua fine”. Ecco quello che disse Bashar al-Assad all’inizio della crisi siriana nel lontano 2011, e mai parole furono più profetiche. E la Turchia oggi lo sa bene. Infatti, lo scacchiere siriano non è più quello di qualche anno fa. Ankara ha capito che deve rassegnarsi all’idea che la famiglia al-Assad continuerà a governare il paese, e ha constatato la ritirata dei ribelli siriani. Erdogan quindi ha deciso di intervenire militarmente per ristabilire l’ordine nella regione, soprattutto dopo aver sperimentato un’ondata di flussi interminabili di profughi lungo il confine turco-siriano. Ora l’obiettivo turco è collaborare con Mosca per mantenere lo status quo in Siria e riportare i siriani nel proprio paese. La stabilità della Siria è fondamentale per l’intera regione ed Erdogan sembra averlo capito.
Braccio di ferro con l’Unione europea
Le relazioni tra Ankara e Bruxelles non sono delle migliori attualmente, ma l’emergenza migranti obbliga entrambi a collaborare e stringere accordi per gestire quest’esodo proveniente dal Medioriente. Il patto per la migrazione siglato con l’Unione europea nel 2016 sembra ancora reggere. Ankara ha bloccato l’arrivo di migliaia di profughi in Europa a suon di miliardi di euro l’anno. Nonostante ciò, Erdogan continua a minacciare ripetutamente Bruxelles di “inviare milioni” di immigrati in Europa, con lo scopo di ottenere maggiori benefici dall’accordo sottostante. Il bullismo dell’imam Erdogan potrebbe comunque crollare con l’affermazione in Europa di questo nuovo vento nazionalista di destra.
Odio con Israele
Ankara non vuole avere rapporti con Gerusalemme.
L’avversione di Erdogan nei confronti di Israele è diventata sempre più forte negli ultimi anni, soprattutto da quando gli Usa hanno riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele. La Turchia oggi ha voluto prendere le vesti di difensore numero uno della causa palestinese e di tutti i musulmani nel mondo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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