Moschee di zona: ci sono già, ma abusive

Seminterrati, condomini, palestre, centri «culturali» con migliaia di fedeli divisi in due o tre turni È qui che i musulmani si riuniscono. Le regole urbanistiche e di sicurezza quasi sempre ignorate. Quello di viale Jenner è solo il caso più eclatante. Situazioni simili ci sono in tutti i quartieri di Milano

Seminterrati, case, scuole dismesse, centri «culturali». E capannoni, falegnamerie, condomini nell’hinterland. Sono queste, oggi, le «moschee di quartiere» di Milano. E non è a questo, forse, che pensava l’arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi (e anche ieri il direttore della Caritas Ambrosiana, don Roberto Davanzo) quando ha parlato di un «bisogno urgente » di luoghi di preghiera. È qui che migliaia di musulmani (su una comunità di 80mila persone) ogni giorno, in particolare il venerdì, si riunisconoper pregare. La Regione ha inasprito i requisiti per aprire i luoghi di culto. L’assessore Davide Boni conferma: «Quasi nessuno li rispetta».

Segrate, via Meda. Poi il caso di via Piceno, dove ha sede la confraternita dei mistici sufi, i «frati domenicani dell’islam ». Intellettuali prestigiosi e artisti, antesignani del dialogo interreligioso. Celebrano lì le loro messe cantate, riservateapochi. Il restodelpanoramaèdesolante.

Via Padova La Casa della cultura islamica è stata fondata nel ’93. Dal civico38 si è spostata al144, in un vecchio capannone ristrutturato a moschea, con uffici di imam e direzione. Ci sono i servizi per l’abluzione. Nel soffitto una miriade di ventilatori per l’estate. In questi giorni un grande «fungo » da dehors. Intorno decine di persone, alcunedormonolì per ore. Ospita circa 1000 persone, che per pregare si dividono in tre turni. Quando la sala è piena si chiude a chiave il portone. È in regola? «Lo sono tutte le chiese?» risponde l’imam. Usano anche la palestra di via Cambini, dove si riuniscono in 500.

Viale Jenner È il primo centro islamico della città. Nato nell’88, dentro dei locali angusti a cui si accede - al civico 50 - dalla stessa entrata di un autogarage. Fino a luglio ci pregavano in 4mila. Enormi disagi per i residenti. Poi il ministro dell’Interno Roberto Maroni ne fa una questione di ordine pubblico. Il 18 luglio la preghiera viene trasferita al velodromo Vigorelli, ma solo per due settimane. Le proteste dei residenti convincono a ripiegare un’altra soluzione: il Palasharp di Lampugnano. È lì che tuttora si riuniscono da 500 a 1000 persone il venerdì, giorno in cui usano anche la palestra di via Iseo. Lunedì erano diverse migliaia, per la «Festa del sacrificio». Il centro in questi anni ha preso 35mila euro di multe per la somministrazione indebita di alimenti.

Via Carnevali l numero 26, dentro un cortile ordinato, occupato fra l’altro da una casa di produzioni, ha la sua sede il Circolo Dahira Touba, la sede di una confraternita composta da senegalesi e ispirata al sufismo. Dentro un seminterrato di circa 300 metri, a cui si accede scendendo undici scalini. Tramite una vecchia porta di acciaio ridipinta di grigio, con uno spioncino, senza targhetta. Non si vedono finestre. Di fronte al seminterrato la bacheca condominiale ha affisso l’ordine del giorno di una vecchia assemblea condominiale. Uno dei punti è la «pratica legale condominio-Dahira Touba». «Sì, c’è stata una causa per la confusione - confermano i vicini - sono un centinaio, si sentono odori di cucinato e rumori anche al mattino».

Via Quaranta Questo centro islamico, aperto da 9 anni a febbraio, è noto per aver istituito la scuola privata in lingua araba, ora trasferita in via Ventura. La sede è una vecchia scuola, ora proprietà di un privato cui la comunità, in gran parte egiziana, paga un affitto. Ali Sharif, che dirige l’istituto, sostiene però che per la preghiera, che il venerdì ospita più di mille persone, i fedeli preferiscono stare all’aperto, nel cortile della scuola, «perché più comodo»: «Allah fa smettere di piovere 97 volte su 100». Sono soprattutto operai, nel quartiere a più alta densità di immigrati della città.

Via Tolstoi Nel condominio all’incrocio con via Savona pregano gli sciiti iraniani: alcune decine di persone, si ritrovano il giovedì sera, come prevede la loro liturgia, dalle 21 alle 23.

Via Fara In un condominio con appartamenti, studi e uffici, alcune decine di persone si riuniscono a pregare da circa 10 anni all’Islam Kultur Merkesi, circolo turco in affitto al civico 30. Anche i fedeli che lo frequentano sono prevalentemente turchi, ma non solo: molti i nordafricani. Non ci sono particolari problemi con i condòmini, resta l’irregolarità.

Via Cassanese È una delle due moschee «regolari» di Milano. L’imam Abu Shwaima ci tiene a specificare: «La nostra è l’unica vera, l’altra è privata». Nata come cimitero islamico, rivolto verso La Mecca. Il confine fra Segrate Milano la divide in due: da un lato la piccola moschea, nel Comune di Milano, dall’altro il centro, nel territorio di Segrate. Ha festeggiato il ventennale. Ha subito degli attentati incendiari, e il fondatore un tentativo di accoltellamento. È aperta al dialogo interreligioso e in buoni rapporti con le istituzioni. La proprietà del terreno è comunale.

Via Meda È l’altra moschea «ufficiale», quella dei musulmani italiani. Nel novembre del 2000 il Consiglio comunale ha votato all’unanimità la nuova destinazione d’uso a luogo di culto, di questi locali che ospitavano una vecchia manifattura.

Ora ci sono la moschea Al-Wahid e la sede nazionale dei «moderati» della Coreis italiana, la comunità religiosa islamica dei Pallavicini, il padre presidente e il figlio imam, premiato con l’Ambrogino d’oro pochi giorni fa.

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