Mura, vita da scrittrice ai tempi del fascismo. Tra eros, neri e censure

In letteratura accade spesso: scrittori che in vita conoscono fama e vendite; e poi sono irrimediabilmente dimenticati da morti

Mura, vita da scrittrice ai tempi del fascismo. Tra eros, neri e censure

In letteratura accade spesso: scrittori che in vita conoscono fama e vendite; e poi sono irrimediabilmente dimenticati da morti.

Accadde anche a Maria Assunta Volpi Nannipieri (1892-1940), nata a Bologna da famiglia modesta, un'adolescenza trascorsa a Livorno, ventenne già a Milano sognando il giornalismo (comincia a lavorare per il Touring Club italiano e le testate dell'editore Sonzogno), amante di Alessandro Chiavolini, cronista del Popolo d'Italia e poi segretario particolare di Benito Mussolini, e negli anni Venti e Trenta scrittrice di straordinario successo.

Decise di vivere a Gavirate, sul lago di Varese, e scelse uno pseudonimo felice: Mura, dal soprannome di un'avventuriera russa, la contessa Maria Tarnowska, bellissima e conturbante - Maria Assunta era invece bruttina e insignificante - e debuttò con il romanzo rosa Perfidie, edito appunto da Sonzogno, in cui si affronta - addirittura! nel 1919! - il tema pruriginoso dell'amore lesbico (incipit: «Amo le donne... Se posso le perverto»).

Mura divenne la scrittrice italiana di «evasione» più celebre dell'epoca (anche se le sue cose migliori non sono i romanzi, oggi datatissimi, ma i racconti e i reportage di viaggio). Nel genere rosa-sentimentale innestò un erotismo esplicito, sensualità, adulteri, Peccati... Fu amatissima da sartine, dattilografe e maestrine. Vendette più di un milione di copie. Ed entrò in competizione con l'altro grande pseudonimo femminile del secolo: Liala. S'incontrarono nel 1921. Liala lasciò una descrizione sprezzante: «Mi venne incontro una donna piccolina, un poco formosa, con un grande naso, con poco mento, con bellissimi occhi e un sorriso che non capii se fosse cordiale o inventato. Mura indossava una gonna qualunque, era poco truccata e aveva i capelli lisci, castani, con la frangetta. Una pettinatura da paggio che stonava con il tipo semplice di donna qual lei era». E Mura, intravedendo in Liala una pericolosa concorrente, ne ostacolò il passaggio dalla Mondadori alla Sonzogno, dove lei era regina indiscussa (il patron, Alberto Matarelli, fu un altro suo amante...).

Mura morì ad appena 48 anni, e dopo cinquanta libri pubblicati, nel cielo di Stromboli, quando il Savoia-Marchetti S.M.73 su cui si era imbarcata a Tripoli precipitò. I funerali a Gavirate furono imponenti. C'erano Amedeo Nazzari, Milly Dandolo, Elsa Merlini e il commendator Angelo Rizzoli. Ma dopo, a parte essere citata in qualche dipartimento di Italianistica, sparì nell'oblio.

Oggi però la fa rivivere Marcello Sorgi, giornalista dai brillanti risvolti letterari, nel libro Mura. La scrittrice che sfidò Mussolini (Marsilio), raccontando vita, opere, censure e misteri (adesso ci arriviamo...) della scrittrice Volpi Nannipieri e insieme ricostruendo un pezzo di storia del fascismo, tra politica e scandali, salotti intellettuali e moralismi borghesi, proto-femminismi e occhiute vigilanze ducesche. Un perfetto saggio letterario.

Marcello Sorgi ha letto tutto il leggibile di e su Mura, si è auto-inviato per diversi giorni a Gavirate, dove in via Enrico Toti, nella parte alta del paese, vicino alla stazione ferroviaria, c'è la casa in cui Mura scrisse la maggior parte dei suoi romanzi, e dove nella ricca biblioteca comunale sono confluiti i libri personali di Mura, tutte le sue prime edizioni e altro materiale donato ai tempi dal fratello di Mura, l'attore Luigi, morto nel 1970, e ha scritto un saggio-inchiesta completo e rigoroso (parola dell'ex sindaco di Gavirate Romano Oldrini, il primo a essersi laureato, anni fa, con una tesi su Maria Assunta Volpi Nannipieri, in arte Mura).

Al centro di tutto - e da cronista Sorgi ha capito subito dove stava la «notizia» - il caso editoriale del romanzo Sambadù, amore negro, uscito nel '34, in cui Mura racconta la passione erotica (che peraltro finisce malissimo) tra un ingegnere nero laureato a Firenze e una giovane vedova dell'alta borghesia italiana. Il testo di per sé sarebbe razzista al punto giusto per il fascismo (lui non riesce mai davvero a «civilizzarsi»). Il guaio è la copertina: l'immenso Marcello Dudovich disegna una donna bianca abbandonata fra le braccia di un nero! È il finimondo.

Mussolini dà di matto, fa sequestrare il romanzo, diffida l'autore dell'illustrazione e fa ritirare dalle edicole La Voce di Mantova che ne aveva parlato bene... Uno scandalo nazionale. Il percorso di redenzione di Mura sarà lungo. E qualcuno - ed eccoci al mistero, ma sono solo illazioni - pensa che a fare cadere l'aereo sullo Stromboli non fu il mal tempo.

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