L’Eurovision non si piega alle pressioni del fronte pro-Pal e conferma la presenza di Israele al prossimo festival. Dopo settimane di polemiche, accuse e richieste di esclusione, l’Unione Europea di Radiodiffusione (Ebu) ha messo nero su bianco la sua decisione durante l’assemblea generale convocata d’urgenza proprio per esaminare gli attacchi contro lo Stato ebraico.
Alcuni Paesi, sostenuti dall’immancabile frangia militante che vorrebbe trasformare ogni evento culturale in un tribunale politico, chiedevano la squalifica di Israele per presunte “interferenze” nelle votazioni e per la sua condotta nella guerra a Gaza. L’Ebu, invece, ha preferito la linea della fermezza: sì a nuove regole più rigide per il voto, così da evitare qualsiasi contestazione futura, ma nessuna espulsione. Risultato: l’artista israeliano salirà regolarmente sul palco.
Il concorso, che a maggio celebrerà a Vienna la sua settantesima edizione, nasce per unire il continente attraverso la musica, ma finisce puntualmente risucchiato nelle tempeste geopolitiche del momento. È già successo nel 2022, quando la Russia venne estromessa dopo l’invasione dell’Ucraina. Ora tocca a Israele, ma questa volta il tentativo di boicottaggio non ha avuto successo.
Una scelta che, prevedibilmente, ha fatto infuriare i soliti noti. Spagna, Irlanda e Olanda hanno infatti annunciato il boicottaggio dell’Eurovision dopo il via libera a Israele, come riporta la Bbc. L'emittente olandese Avrotros ha affermato che la partecipazione di Tel Aviv "non è più compatibile con la responsabilità che abbiamo come emittente pubblica".
Lato Spagna, invece, la radio tv pubblica Rtve ha espresso "seri dubbi sulla partecipazione della televisione israeliana Kan": "La situazione a Gaza, nonostante il cessate il fuoco e l'approvazione del processo di pace, e l'utilizzo del concorso per scopi politici da parte di Israele, rendono sempre più difficile mantenere l'Eurovision come un evento culturale neutrale".