
Può un'opera ultrasecolare di Puccini, Tosca, trasformarsi in un caso diplomatico? Sì, se a vestire i panni della protagonista è Anna Netrebko, soprano russo che giovedì ha inaugurato la stagione del Covent Garden. All'ingresso del teatro londinese, gli spettatori hanno dovuto farsi largo tra manifestanti con cartelli "Stop Netrebko". C'è chi considera i suoi trascorsi di simpatia per Putin ancora imperdonabili, nonostante lei abbia condannato l'invasione e si sia trasferita a Vienna.
Il Covent Garden, però, ha anteposto le ragioni dell'arte al politicamente corretto: per inciso, corretto per chi? E, come previsto, Netrebko ha offerto una Tosca da Formula 1, con sold out anche per le recite successive, mentre nelle serate in cui Tosca sarà Aleksandra Kurzak, restano ancora decine di biglietti. Spostiamoci al Metropolitan di New York, dove Netrebko era la diva assoluta e così assiduamente presente da comprarsi un attico con affaccio su Central Park. Il Met la bandisce dal 2022, il tempio dell'inclusività americana intanto fatica a riempire la sala, per scongiurare il fallimento ha appena incassato una discutibile donazione da 100 milioni di dollari dall'Arabia Saudita, Paese non esattamente sinonimo di libertà.
Il fronte non si ferma a Londra. I Münchner Philharmoniker hanno visto cancellare un concerto al Festival di Ghent per la nazionalità israeliana del loro futuro direttore principale Lahav Shani, nato a Tel Aviv e alla guida della Filarmonica di Israele, accusato di non aver "preso le distanze dal governo israeliano". La reazione è stata immediata, dal sindaco di Monaco al primo ministro Bart De Wever, fino al ministro della Cultura bavarese che parla di "vergogna per l'Europa, puro antisemitismo". Anche i Berliner Philharmoniker, l'orchestra delle orchestre, sono entrati in campo ricordando come "in tempi come questi la musica debba costruire ponti anziché creare divisioni".
E mentre Amburgo si prepara ad accogliere serenamente l'israeliano Omer Meir Wellber come nuovo direttore musicale, in Francia 700 musicisti di classica, però di secondo piano con l'eccezione di Savall e del figlio di Daniel Barenboim, hanno firmato una petizione pro-Palestina e anti-Israele. Dall'altra parte, un appello di star, da Argerich ai fratelli Capuçon, Isserlis, Maisky, Schiff, condanna il boicottaggio di Shani.
Era un comprimario - in cerca di notorietà? - colui che a luglio srotolò una bandiera palestinese all'Opera House di Londra durante gli applausi del Trovatore, subito rimossa da un funzionario del teatro. Alla Scala di Milano, una maschera alle prime armi fece lo stesso nella Prima Galleria.
Nel frattempo Slovenia, Islanda, Irlanda e Olanda hanno minacciato il boicottaggio della prossima edizione, la numero 70, dell'Eurovision Song Contest se vi parteciperà Israele. In passato l'Eurovision ha escluso Bielorussia (2021) e Russia (2022) per motivi politici.
La politica è entrata nelle vene dell'arte, che di fatto parla da sola, senza bisogno di proclami, più forte di ogni bandiera. Chi paga un biglietto per Tosca, per un concerto della Filarmonica di Monaco o l'Eurovision ha il sacrosanto diritto di godersi l'evento: acquistando il biglietto, ha già scelto.