Le star del rock decollarono per raggiungere le stelle

Il saggio di Maurizio Galli racconta l'influenza che la corsa allo spazio ha avuto sugli artisti

Le star del rock decollarono per raggiungere le stelle
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Quando, nell'ottobre del 1957, i russi coronarono il loro sogno di conquista dello spazio mandando in orbita lo Sputnik 1, a un immaginario collettivo forgiato dalla lettura dei grandi romanzi di fantascienza la nuova frontiera del possibile impresse un'accelerazione impensabile fino a poco tempo prima. A farle da adeguata colonna sonora fu un genere musicale ancora in fasce, il rock'n'roll, con l'oscuro brano Sputnik (Satellite Girl) dell'ancor più sconosciuto Jerry Engler, «la prima canzone d'amore intergalattica al mondo».

A scriverlo è Maurizio Galli nel suo approfondito saggio Musica & Fantascienza (Vololibero, pagg 492, euro 30), destinato a essere un testo immancabile nella biblioteca degli appassionati di rock e SF. Sappiamo bene quanto la corsa al dominio dei cieli abbia rappresentato per lo scontro ideologico tra USA e URSS e sappiamo quanto l'impegno americano a colmare il gap iniziale in favore del nemico sovietico (con Juri Gagarin, primo uomo nello spazio, nel 1961) abbia prodotto in termini di tecnologia e cultura popolare. Musica & Fantascienza può essere uno strumento adatto a esplorarne le relazioni e, per quanto la sua esaustività si rivolga soprattutto a un pubblico di appassionati, la ricchezza di informazioni, aneddoti e storie ne fa un testo appetibile per tutti.

Tra le pagine, troverete nomi celebri e personaggi ignoti, episodi e titoli passati alla storia e momenti e opere finiti nell'oblio. Giganti come Isaac Asimov, Ray Bradbury e Philip K. Dick avrebbero avuto un posto al sole probabilmente anche se l'ossessione spaziale non si fosse guadagnata tanto spazio, ma i fratelli Strugackij, invece, difficilmente avrebbero raggiunto una ribalta internazionale. E il rombo di un propulsore spaziale potrebbe aver ispirato l'inusuale creatività sonora di una figura come Link Wray, uno dei primissimi chitarristi rock a far assomigliare il proprio strumento al ruggito di una creatura aliena?

Se si dovesse indicare un solo nome che, nel pantheon del rock, abbia incarnato la dicotomia musica pop-fantascienza, in molti farebbero quello di David Bowie, al secolo, David Robert Jones la cui adolescenza, in un periodo in cui cinematografia e letteratura erano dominati dalla fantascienza, restò stregato da due romanzi che, guarda caso, nel titolo riportavano il suo cognome: Il mondo che Jones creò di Philip K. Dick e Starman Jones di Robert A. Heinlein. È automatico pensare a Starman, uno dei maggiori successi del Duca Bianco, che diede la stura a una sequenza quasi ossessiva di brani di ispirazione spaziale. Ma il musicista spaziale per eccellenza non può che essere Jimi Hendrix di cui più di un illustre collega, dopo averlo visto suonare per la prima volta, disse che gli era parso di avere avuto di fronte un alieno. Third stone from the sun e Up from the skies pare siano state ispirate dalla lettura del romanzo postapocalittico del 1949, La terra sull'abisso, in cui George R. Stewart si immagina un'America regredita a lotte tribali pre-tecnologiche. E l'idea della foschia violacea del suo capolavoro Purple Haze Hendrix la trasse dalla lettura di Notte di luce di Philip José Farmer.

Ma non tutta la passione per la fantascienza aveva connotazioni distopiche. Il californiano Roger McGuinn, fondatore e leader dei Byrds, preferiva volare alto. Mr. Spaceman (apparso sull'album Younger than Yesterday del 1967) lo testimonia. E proprio la California fu un terreno fertile per la nascita della psichedelia e di un sottogenere definito musica cosmica. Venuti a conoscenza del film che Stanley Kubrick intendeva girare, 2001: Odissea nello Spazio, i Byrds scrissero Space Odissey, sperando invano di essere coinvolti nella relativa colonna sonora. I Byrds tracciarono la via, ma a esplodere nell'iperspazio furono altri californiani DOC: i Jefferson Airplane, i Grateful Dead e il supergruppo Crosby, Stills & Nash.

E Beatles e Stones erano rimasti a guardare? Nemmeno per sogno: Lennon era un fan dichiarato di Philip K. Dick e Brian Jones era appassionato delle visioni potenzialmente apocalittiche della fantascienza. Ecco spiegato come mai George Lucas, prima di dare il via alla saga di Guerre Stellari, si recò ad Altamont per riprendere le grandi star che vi si esibivano, Rolling Stones inclusi.

Dall'altra parte dell'Atlantico, è quasi banale indicare in King Crimson e Pink Floyd i fari della nuova musica cosmica: in effetti, i Pink Floyd erano protagonisti dei leggendari light show dell'UFO Club di Londra, dove sonorità inedite, giochi di luce disorientanti e droghe psichedeliche avvicinavano i cieli alle menti in cerca di avventure intergalattiche.

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