La Napoli antica di Rasy incanta con uno stile (non) da Premio Strega

Con "Perduto è questo mare", Elisabetta Rasy intreccia memoria, perdita e letteratura in un libro elegante e riflessivo sul padre e La Capria, tra Napoli simbolica e nostalgia d’altri tempi

La  Napoli antica di Rasy incanta con uno stile (non) da Premio Strega
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Elisabetta Rasy racconta un bel passato e lo scrive bene, cosa rarissima per un libro che concorre al Premio Strega. Il libro si intitola Perduto è questo mare. Racconta il suo rapporto con Raffaele La Capria, partendo da quel periodo in cui "a Roma c'era quel futuro che a Napoli latitava".

È il classico libro che dovrebbe far impazzire i giurati dei premi letterari: c'è Napoli, c'è la memoria, c'è la guerra, c'è il padre enigmatico che sparisce, e ovviamente c'è pure Raffaele La Capria santino intoccabile della letteratura napoletana.

La Rasy ci racconta la storia di una bambina che cresce nella Napoli del dopoguerra, con un padre affascinante e volubile aviatore, amante del mare, dell'aria, depresso che un bel giorno svanisce. E lei? Se lo tiene dentro come una ferita elegante per tutta la vita, finché la morte del suo maestro e amico La Capria non la costringe a fare i conti con quei ricordi. Il padre e La Capria diventano due figure speculari, due maschere del maschile assente, idealizzato, inafferrabile.

Il libro mescola autobiografia, saggio, memoir e romanzo. Tradotto: non succede quasi niente, ma si pensa tanto.

Napoli è sempre la stessa: città-simbolo, madre ferita, splendore decadente. Ma basta tirare fuori questi stereotipi eterni? Chissà. Qui Napoli è più uno sfondo emotivo che una città viva. E va bene così, perché il vero tema non è la città, ma la perdita. Del padre, del maestro, del tempo, di sé. E dei costumi e dei modi che oggi ci sogniamo o forse peggio ignoriamo: "Il discorso si era rapidamente interrotto, poi mi aveva raccontato un aneddoto divertente Mi domandò se quando scrivevo una lettera a qualcuno cui davo del lei, usando il pronome le (le chiederei vorrei chiederle) mettevo quella particella pronominale con la L maiuscola. No, non mi piace, gli risposi, mi sembra burocratico e curiale.

Hai ragione, non piace neanche a me, pensa che proprio poco dopo che avevo vinto lo Strega mi chiamò il capo del mio ufficio Rai e mi rimproverò perché rispondendo a un autore radiofonico avevo scritto le con la minuscola, e con aria sprezzante mi fece riscrivere la lettera tutti i giorni qualcuno mi dava il tormento". Stupendo e antico.

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