Napoli, così si è sgonfiata l’inchiesta sul Cavaliere

Nell’avviso di chiusura indagini non c’è traccia della presunta corruzione di senatori: la Procura l’ha lasciata cadere

nostro inviato a Napoli

L’avviso di chiusura indagini inviato dalla Procura napoletana ai legali di Silvio Berlusconi, Michele Cerabona e Niccolò Ghedini, era in arrivo nella serata di ieri. L’unico capo di imputazione rimasto nel documento emesso dal pm è quello relativo al filone che vede coinvolto il direttore di Rai Fiction, Agostino Saccà, per le presunte «raccomandazioni» di attrici. Non c’è traccia, nell’avviso, della presunta tentata corruzione del senatore eletto all’estero Nino Randazzo e di altri senatori ancora non identificati.
Nemmeno il collegamento tra una delle starlette che sarebbero state segnalate e il senatore del centrosinistra Pietro Fuda, che in cambio dell’aiuto alla carriera della ragazza avrebbe offerto il suo appoggio all’opposizione, ha permesso di mantenere in piedi l’accusa. Anche se, ufficialmente, la Procura mantiene aperto quel fronte dell’inchiesta, che ha visto a inizio novembre, subito prima del voto sulla Finanziaria, il pm partenopeo Vincenzo Piscitelli correre a Roma per interrogare Randazzo, dopo di che quest’ultimo avrebbe comunicato pubblicamente di aver declinato l’invito del capo dell’opposizione a cambiare schieramento.
Di fatto, però, è tutto fermo. E proprio l’evidenza che il pool criminalità finanziaria della procura partenopea, coordinato dal procuratore aggiunto Paolo Mancuso, abbia deciso di spezzare l’inchiesta, premendo sull’acceleratore solo per le accuse di corruzione legate alla vicenda Rai, fa inevitabilmente sgonfiare il tentativo di configurare ipotesi di reato sulla vicenda, evidentemente politica, della presunta «campagna acquisti» del leader del centrodestra a Palazzo Madama.
Una storia uscita precocemente dagli uffici giudiziari di Napoli e finita in edicola, sulle pagine di Repubblica. Sollevando una ridda di polemiche, anche per il sospetto di un ruolo giocato dalla magistratura in un momento delicato per il governo di Romano Prodi. Oltre all’interrogatorio di Randazzo, c’è anche l’episodio di quell’incontro per un caffè, sempre a inizio novembre, tra Mancuso e Luciano Violante. Con il parlamentare del Pd che, successivamente al meeting informale con il magistrato che coordina l’inchiesta napoletana su Berlusconi, in Transatlantico ipotizzò il reato di corruzione a proposito delle manovre del Cavaliere per far cadere il governo.
Adesso quel teorema sembra aver perso concretezza, anche se sull’altro filone la Procura di Napoli, che aveva già notificato la settimana scorsa la chiusura delle indagini ad Agostino Saccà e a Giuseppe Proietti, intermediario tra la Rai e le case di produzione Hbo e Bavaria, intende arrivare al processo. Ed ecco quindi l’avviso mandato anche al Cavaliere. Secondo le indagini dei magistrati partenopei, Berlusconi avrebbe segnalato telefonicamente al dirigente Rai i nominativi di cinque giovani attrici.
Oltre a Saccà e Proietti nei giorni scorsi in Procura sono stati interrogatori dal pm la capostruttura Rai Claudia Aloisio e un collaboratore della rete, Marco Dalio, proprio relativamente all’inserimento nel cast della fiction «Incantesimo» di una delle ragazze. Ma l’inchiesta, come spesso accade, si è sviluppata in gran parte sulle intercettazioni telefoniche.

Che non hanno risparmiato il Cavaliere, nonostante le prerogative parlamentari impediscano di mettere sotto ascolto i telefonini di deputati e senatori. Il presunto coinvolgimento di Berlusconi, anzi, emergerebbe solo da quelle telefonate con Saccà «spiate».

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