Sintraprende il cammino tra i boschi ordinati di Claude Lorrain e si finisce annegati tra le impetuose onde dipinte da Turner. Si comincia tra una natura, madre serena, e si precipita tra le braccia di una matrigna inquieta. Una mostra al Museo Diocesano (fino all11 gennaio) ci racconta che cosa accadde tra la metà del 600 e gli inizi dell800, quando il paesaggio naturale era genere assai frequentato dagli artisti. Impariamo così a conoscere non tanto una natura ambivalente - madre suadente e pacata per Lorrain, Both e Canaletto, donna impertinente per Ricci, Guardi e Salvator Rosa - quanto i diversi occhi che su di lei si sono posati nel corso del tempo. «Lo sguardo sulla natura. Luce e paesaggio da Lorrain a Turner», curata da Paolo Biscottini, direttore del museo di corso di Porta Ticinese, e da Eugenia Bianchi, raccoglie al Diocesano una settantina di dipinti che dimostrano quanto sia cambiata la forma di rappresentazione del paesaggio. E se le scene bucoliche di Lorrain ci mostrano una natura idealizzata, è lo spirito audace del napoletano Salvator Rosa a regalare alcuni degli scorci più poetici del bellissimo golfo partenopeo. Sotto linfluenza di Rosa si mosse anche il Cavalier Tempesta (suggestivo nome darte dellolandese Pieter Mulier il Giovane), ma non si poteva concepire una mostra sul paesaggio senza interpellare gli artisti veneti del 700, veri maestri di questo genere. In mostra vi sono deliziose vedute del Canaletto e del Bellotto, che stanno vivendo lennesima stagione di riscoperta.
Chi apprezza la pittura di genere, amerà le tempere di Marco Ricci e i capricci di Francesco Guardi, nelle quali una natura fiorente fa da contrappunto alle rovine, emblema nostalgico di un glorioso passato. Poi, con larrivo dellIlluminismo, lo sguardo sulla natura diventa più attento e preciso, supportato anche dai tanti e frequenti viaggi degli artisti in Europa.
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