Roma ha vissuto l’ennesima serata di tensione che nulla ha a che vedere con il diritto democratico di protesta. Durante la Festa del Cinema, un corteo di manifestanti pro-Palestina i cosiddetti “Propal” ha provato ad avvicinarsi all’Auditorium Parco della Musica e all’ambasciata israeliana, sfidando i divieti della Questura e trasformando una manifestazione annunciata come statica in un assalto vero e proprio.
Le forze dell’ordine, costrette a intervenire con gli idranti, hanno dovuto contenere una folla decisa a sfondare i cordoni di sicurezza. Ancora una volta, le nostre strade si sono riempite di tensione, spintoni, lanci di oggetti contundenti, insulti e caos.
Il diritto di protesta non è un lasciapassare per la violenza, forse qualcuno ancora non lo ha compreso appieno.
È ora di dirlo chiaramente: il diritto di manifestare è sacrosanto, ma deve essere esercitato nel rispetto della legge e delle regole. In Italia, da mesi, alcuni gruppi che si riconoscono nella galassia “Propal” alternano manifestazioni autorizzate a cortei non autorizzati, sfociati in scontri e tensioni che hanno messo a ferro e fuoco diverse città, aggredendo agenti e cittadini e destabilizzando la sicurezza e la democrazia.
Non è più accettabile che il dissenso si trasformi in violenza, che la protesta diventi pretesto per lo scontro, che le nostre piazze siano teatro di guerriglia urbana.
Negli ultimi mesi, episodi simili di violenze inaudite si sono verificati in diverse città italiane: a Milano, con cariche e scontri davanti alla Stazione Centrale; a Torino, con tentativi di assalto al consolato israeliano; a Bologna, con aggressioni agli agenti e barricate in centro; a Firenze e Genova, dove cortei non autorizzati hanno paralizzato il traffico e sfondato i blocchi di sicurezza.
Ovunque, lo stesso copione: violenza, scontri, bandiere, slogan e disprezzo per le istituzioni e per la legalità.
Non è giusto per i cittadini onesti, per chi lavora, studia o semplicemente passeggia in città, dover vivere nel timore di essere coinvolto in scene di guerriglia. Non è accettabile che le forze dell’ordine donne e uomini che rappresentano lo Stato vengano colpite da pietre, bottiglie, aste di bandiera o qualsiasi oggetto contundente, ferendole anche gravemente.
È una vergogna!
Chi si comporta così non sta manifestando: commette atti che la legge punisce come reato e deve essere arrestato senza se e senza ma, se mette in pericolo la sicurezza pubblica. Serve assolutamente una linea di fermezza in questo paese senza avere timore di qualsiasi genere di critiche da parte di di chicchessia. È tempo che lo Stato, le Prefetture e le amministrazioni locali adottino una posizione chiara e decisa: proteste sì, ma solo se pacifiche e autorizzate.
Chi organizza cortei illegali, diffonde appelli a violare i divieti, incita a forzare i blocchi o a dirigersi verso ambasciate e obiettivi sensibili deve risponderne legalmente. La democrazia non può tollerare che la libertà di pochi si trasformi in paura per tutti. Il rispetto delle regole è la vera libertà se ancora qualcuno non lo avesse capito.
Manifestare in pace è un diritto. Distruggere, minacciare e aggredire non lo è. Difendere la sicurezza non significa reprimere: significa garantire che la libertà di espressione sopravviva al caos e alla violenza. L’Italia deve tornare a essere un Paese in cui le regole valgono per tutti, dove il dissenso è civile e la forza pubblica viene rispettata, non attaccata.
Perché senza ordine, senza rispetto e senza legalità, non c’è democrazia. I manifestanti pro Palestina dovrebbero iniziare a comprenderlo, senza se e senza ma.
È difficile credere, dopo tutti questi mesi di manifestazioni finite con scontri e devastazioni, che
chi distrugge vetrine, aggredisce le forze dell’ordine e mette a ferro e fuoco le città sia sempre un corpo estraneo al movimento, come talvolta dichiarano gli organizzatori. Probabilmente, ormai, non ci crede più nessuno.