Condanna per "molestia discriminatoria" e risarcimento di 20mila euro - più 3.400 di spese giudiziarie - all'Associazione studi giuridici sull'immigrazione (Asgi). Questo è quanto ha deciso il tribunale di Torino nei confronti di Vittorio Feltri, il direttore editoriale de il Giornale, per le frasi da lui pronunciate il 28 novembre 2024 nel corso della puntata della Zanzara, il programma di Giuseppe Cruciani. La vicenda al centro della discussione in studio era il caso di Ramy Elgaml, morto quatto giorni prima dopo un inseguimento spericolato con i carabinieri per le vie di Milano. La vicenda aveva portato a una rivolta nel quartiere di Corvetto e a molte dichiarazioni accusatorie della sinistra nei confronti dei militari che andranno a processo, nonostante sia stata dimostrato il loro comportamento corretto durante quei concitati momenti.
"Non frequento le periferie, non mi piacciono. Sono caotiche, brutte e soprattutto piene di extracomunitari che non sopporto", aveva dichiarato Feltri. "Basta guardarli... Poi vedi quello che combinano qui a Milano, eh, come fai ad amarli? … Già, non amo i musulmani... Ma io gli sparerei in bocca". All'affermazione che "non è che in quanto musulmani sono tutti ladri e assassini", il direttore editoriale del Giornale aveva risposto: "Tutti, tutti. Io non mi vergogno affatto di considerare i musulmani delle razze inferiori".
La causa contro il giornalista è stata intentata dall'Asgi e si sono costituite parti civili anche le associazioni Arci, Lunaria, Cambio Passo e La Casa Nel Mondo Onlus. Feltri, assistito dagli avvocati Valentina Ramella e Carlotta Nannini, si è difeso sottolineando "lo stile provocatorio, satirico e privo di filtri" del format radiofonico di Radio 24. Ha anche pubblicato un articolo il 2 dicembre 2024 in cui, rispondendo a una lettera di un lettore, ha specificato che "non li ritengo inferiori come razza, in quanto magari neri o comunque non caucasici. Sono inferiori, e lo ribadisco con orgoglio, come chiunque, italiani inclusi, calpesti qualsiasi regola del vivere civile, pretendendo allo stesso tempo di essere compreso, graziato, giustificato". "Questo ragazzo se l'è andata a cercare. Non è una vittima della polizia, della legge, dello Stato. È vittima di se stesso e di una cultura che disprezza qualsiasi regola", ha proseguito il direttore, sottolineando che "la questione è più che seria e concentrarsi sulle mie parole, indicate come razzistiche, è l'ennesima maniera di sviare l'attenzione, distogliendola dal fenomeno che denuncio".
Una presa di posizione netta e chiara che, come evidenziato, dimostrerebbe "la totale assenza di intento offensivo o discriminatorio", dato che il direttore ha espressamente affermato che chiunque, indipendentemente da razza, provenienza o religione, violi la legge è da considerare come "inferiore".
Non è però bastato al giudice Ludovico Sburlati che, nelle motivazioni della sua sentenza, ha affermato che le frasi pronunciate da Feltri non risultano avere un "tono ironico" e non suscitano alcun "sorriso amaro che la satira dovrebbe provocare, bensì dileggio o disprezzo". Secondo la giurisprudenza della Cassazione, sarebbero dunque "un'aggressione gratuita e distruttiva dell’onore".