
Primo caso di suicidio medicalmente assistito in Toscana. Il giorno dopo la notizia che il centrodestra aveva trovato la quadra sul fine vita con una proposta di legge unitaria per accogliere le indicazioni della Consulta, la Regione guidata dal Pd Eugenio Giani - nonostante l’opposizione del governo alla sua norma - dà consistenza alla sua legge regionale dello scorso febbraio. E così lo scrittore Daniele Pieroni, sessantenne affetto dal 2008 dal morbo di Parkinson e costretto da una grave disfagia a vivere attaccato a una macchina per 21 ore al giorno ha deciso di accedere al suicidio medicalmente assistito.
In mezzo c’è la solita associazione Luca Coscioni, che lo ha accompagnato nel percorso eutanasico e che oggi esulta: «Daniele ha scelto il percorso previsto dalla sentenza Cappato e ha inviato la richiesta formale all’Asl Toscana Sud Est il 31 agosto». Lo scorso 22 aprile è arrivato l’esito positivo delle verifiche, l’uomo ha confermato la sua volontà suicidiaria e si è auto somministrato il farmaco «nel pieno rispetto della procedura prevista dalla legge toscana e delle condizioni stabilite dalla Consulta», ribadisce l’associazione.
Su base volontaria ad assistere l’uomo ci sarebbero state due dottoresse e un medico legale dell’Asl, a sovraintendere la coordinatrice toscana della Luca Coscioni Felicetta Maltese, il suo fiduciario Leonardo Pinzi, le sue badanti e i familiari. «La legge toscana sul fine vita è un atto di civiltà e responsabilità, dicono i vertici dell’associazione pro eutanasia Filomena Gallo e Marco Cappato, secondo cui l’impugnazione del governo «è una scelta ideologica e priva di fondamento giuridico».
«Di fronte al primo suicidio assistito in Toscana, il dolore è doppio - dice al Giornale Tony Brandi di Pro Vita & Famiglia - per la morte di un uomo e per una società che, davanti alla fragilità, offre la morte invece della cura». Da tempo molte associazioni come la sua cercano di sostenere i pazienti nel difficile percorso della malattia.
«Vivere con una Peg è difficile, ma lo è di più affrontare la malattia da soli», dice Brandi, secondo cui «parlare di “scelta lucida” è una semplificazione: quando si ha più paura della vita che della morte, non si è davvero liberi. Il suicidio assistito è l’abbandono trasformato in legge. Una società giusta si prende cura, non si arrende».