Ucciso e fatto a pezzi dall'amico per un debito di gioco di appena 200 euro. È questo il movente agghiacciante dietro il brutale omicidio di Bala Sagor, detto Obi, aiuto cuoco 21enne originario del Bangladesh, ucciso il 18 settembre scorso a Spoleto con una coltellata al collo che gli ha reciso di netto la carotide. Un delitto che, in poche ore, è stato confessato dal suo collega Dmytro Shuryn, 33enne ucraino, arrestato per omicidio volontario, distruzione e occultamento di cadavere. Il programma Incidente Probatorio, in onda sul canale 122 Fatti di Nera, si è occupato del caso che ha sconvolto la comunità di Spoleto per l'efferatezza e il successivo macabro ritrovamento dei resti del giovane bengalese. Un solo, ma mortale, fendente alla gola ha causato la morte di Bala Sagor. È quanto emerso come primo dato dall'autopsia eseguita sui resti del 21enne dal medico legale Sergio Scalise Pantuso, che di fatto ha confermato la drammatica ricostruzione fornita durante l’interrogatorio da Dmytro Shuryn, attualmente in carcere. A causa dello stato di avanzata decomposizione del corpo, smembrato nei giorni successivi all'omicidio, sarà necessario l'esame istologico per avere la certezza assoluta.
Bala Sagor era arrivato in Italia due anni fa ed era stato ospitato in un centro di accoglienza spoletino. Nel frattempo, aveva trovato lavoro come aiuto cuoco in un ristorante del centro, ed è proprio lì che aveva conosciuto Dmytro Shuryn. I due, colleghi prima e amici poi, avevano stretto un legame che si è improvvisamente incrinato a causa della ludopatia. Una dipendenza dal gioco d'azzardo che avrebbe spinto il 33enne ucraino a chiedere continui prestiti all'amico. Fino ad arrivare alla mattina del 18 settembre, quando la richiesta della restituzione di quella piccola somma di denaro potrebbe aver scatenato la rabbia di Shuryn che, dopo aver aperto la porta di casa sua in via Visso, avrebbe fatto entrare Bala Sagor e lo avrebbe ucciso al culmine di una discussione per quel debito da saldare. A quel punto, invece di dare l'allarme, il 33enne avrebbe scelto di far sparire il corpo, facendolo a pezzi nella cantina della sua abitazione, un'operazione andata avanti per giorni, per poi liberarsi dei resti, spargendoli tra la città e il bosco. Le telecamere di sorveglianza hanno ripreso Shuryn mentre si sbarazzava dei resti della vittima all'interno di un sacco trovato in strada, che aveva fatto scattare l'allarme.
“Non sappiamo perché – ha detto Laura Volpini, psicologa giuridica e criminologa – ma aveva comunque accumulato rabbia e rancore. La vittima doveva avere dei soldi e sembra inverosimile che da una banale discussione si arrivi a estrarre un coltello e a commettere un delitto del genere. Si vada a indagare anche sullo stato della persona al momento del fatto, anche se dalla confessione sembrava abbastanza consapevole. Sarebbe interessante capire la situazione, al di là dell'eventuale imputabilità dell'indagato”.
“In zona – ha aggiunto Daniele Ingarrica, avvocato penalista e cassazionista – ci sono telecamere che hanno inquadrato lui disfarsi dei resti in alcuni sacchi della spazzatura. Ha mostrato una freddezza estrema in un momento successivo all'omicidio, quindi ha ragionato sull'accaduto. Non possiamo sapere com'è andata e ciò che è successo in casa durante la violenta discussione per la restituzione del prestito. Il risultato è quello che è: un epilogo impressionante e inaccettabile per appena 200 euro”.
Per Patrizia Giusti, avvocato penalista e criminologa, “lui lavorava con lame e coltelli, forse aveva dimestichezza a infliggere un solo colpo mortale alla vittima. Poi, però, smembrare il corpo è un'operazione per la quale servono energia fisica ed esperienza, forse maturate nella vita privata”.
“La storia – ha affermato l'avvocato Marianna Contaldo – oltre a essere sconvolgente, ha quasi dell'incredibile. Possiamo quasi dire che ciò a cui abbiamo assistito è una realtà criminale che supera ogni fantasia. Io non credo che il vero motivo del loro litigio fosse solo ed esclusivamente legato al prestito di 200 euro. E se fosse così, può accadere che durante una colluttazione uno dei due abbia la peggio. Ma ciò che non possiamo accettare è ciò che è accaduto dopo l'omicidio, che non è un incidente: parlo della freddezza e della lucidità con cui quest'uomo ha avuto il coraggio di fare a pezzi un corpo già privo di vita di un amico. Non si è fermato. E non credo abbia fatto tutto questo da solo”.
Secondo il criminologo forense Gianni Spoletti, “tutto è riconducibile al gioco: erano 200 euro di debiti di gioco. Avevano un po' la mania di giocare d'azzardo ed è questo il movente che ha scatenato l'ira omicida del ragazzo ucraino. Quando c'è il gioco, la gente non ragiona più. Erano 200 euro che erano stati prestati non per necessità, non per il cibo, ma qui si parla solo di ludopatia. Il delitto è stato risolto praticamente subito: in questi casi, basta mantenere un po' la calma, nascondere l'arma del delitto, camuffare qualche dichiarazione, e si poteva rischiare di andare per le lunghe. Almeno è stato assicurato alla giustizia il presunto assassino, ma non era scontato che facesse quella dichiarazione spontanea. La cosa macabra resta il fatto che abbia dislocato le parti del corpo lungo il tragitto da casa al ristorante”.
“Per come si è evoluto il caso – ha commentato Fabio Amendolara, giornalista de La Verità – con il sezionamento del corpo, mi ha sorpreso la confessione. Mi aspettavo che l'assassino avesse preparato un'autodifesa, invece è crollato subito. Si tratta di un omicidio d'impeto, per quanto poi nella seconda fase abbia mostrato freddezza e calcolo. L'ultima fase, la confessione immediata, mi lascia pensare che non si fosse preparato.
Non mi lascia sorpreso il debito per pochi euro, poiché i regolamenti di conti nella criminalità organizzata avvengono anche per pochi spiccioli. Quel che rende particolare questa vicenda è il sezionamento, ancora tutto da ricostruire”.