N'drangheta, il clan Nicoscia decapitato a Milano, Pavia, Varese

Gli investigatori li considerano personaggi di peso i presunti ’ndranghetisti della cosca Nicoscia di Isola Capo Rizzuto (Crotone) catturati intorno alle 4 di questa mattina nel milanese, nel pavese e nel varesotto, nell’ambito dell’operazione «Pandora» coordinata dalla Dda di Catanzaro. Gli agenti della sezione Criminalità organizzata della Mobile meneghina li hanno intercettati e «ascoltati» per circa un anno tra il 2006 e il 2007, prima che arrivassero le dichiarazioni da parte di alcuni collaboratori di giustizia che confermavano i riscontri raccolti nel corso dell’indagine. I nomi più importanti sono quelli di Carmine Vittimberga e di sua moglie Graziella Manfredi (sorella di Mario, assassinato il nel dicembre del 2007 a Crotone), entrambi di 49 anni e originari di Isola Capo Rizzuto, che sono stati arrestati nella loro abitazione di Borgarello (Pavia), e a cui sono stati sequestrati (preventivamente) 5 appartamenti, un terreno con un fabbricato in costruzione e 13 tra automobili e motocicli. Nella loro casa gli agenti hanno catturato anche Luigi Manfredi, anche lui di Isola e «in trasferta» ospite della sua parente. Un altro arresto eccellente è quello del 40enne Carmelo La Porta, cognato del capoclan Pasquale Nicoscia, residente a Brugherio e titolare di una ditta edile a Cologno Monzese (Milano), anche questa posta sotto sequestro preventivo. Per Vittimberga e la moglie (l’unica incensurata degli arrestati), Manfredi e La Porta l’accusa è quella di associazione di stampo mafioso finalizzata al traffico di stupefacenti (cocaina e hashish), i cui proventi finivano in parte in Calabria e in parte reinvestiti in Lombardia e nel reggiano, dove il clan aveva un’ulteriore propagine.

Vittimberga insieme con un altro arrestato, il 56enne Fedele Martino nato a Crotone ma residente a Vedano Olona (Varese), è ritenuto responsabile anche di traffico di armi e munizioni (ma si sospetta anche di esplosivo), presumibilmente provenienti dall’ex-Jugoslavia e destinate a rifornire gli arsenali del clan per la guerra di mafia contro la famiglia Arena, per il controllo del territorio crotonese.

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