«Negozi aperti di sera? Da noi è troppo pericoloso»

A Quarto Oggiaro e in via Padova esercenti cauti sull’idea di prolungare l’orario di lavoro: «Si può fare se tutti aderiscono all’iniziativa, nessuno deve restare da solo»

Laura Sonzogni
«Ho più a cuore la pelle che gli sgravi fiscali». Non ha dubbi la signora che gestisce da oltre 15 anni l’edicola di via Trilussa, al centro del quartiere Quarto Oggiaro, zona nord di Milano. «A meno che non ci siano due pattuglie dei carabinieri fisse qui davanti - continua -, io oltre le sette e mezzo non apro. Corro già abbastanza rischi durante il giorno».
Non è la sola a pensarla in questo modo: tra i piccoli commercianti dell’hinterland milanese la proposta del Sindaco Moratti di prolungare l’orario di apertura dei negozi per contrastare degrado e microcriminalità, affidandosi all’equazione negozi aperti uguale più sicurezza, non raccoglie molti consensi. Che sia per ragioni prettamente commerciali - in molti ritengono che l’apertura serale non sarebbe conveniente - o per ragioni legate alla protezione personale - lavorare nelle strade deserte delle periferie milanesi rappresenta un rischio concreto -, la risposta all’idea lanciata da Palazzo Marino è un coro quasi unanime di no.
«Un’iniziativa del genere qui a Quarto non avrebbe senso - spiega la signora Maria Rosaria, titolare di una lavanderia in via Lessona -. Non siamo mica in centro, dove le persone passeggiano anche a tarda ora e si fermano a guardare le vetrine. Qui, dopo le otto di sera, è il deserto; e non credo che la mia lavanderia aperta possa attirare la gente fuori di casa». Sulla stessa linea di pensiero la signora Loredana, proprietaria di una merceria in via Padova, altra zona calda della mappa dell’insicurezza meneghina: «Non aderirò al progetto - spiega - perché qua dopo una certa ora ci sono solo extracomunitari. Per me le persone che intendono commettere violenze o crimini non vengono certo scoraggiate da una vetrina illuminata».
I commercianti non accettano di essere le milizie anti degrado al soldo del Comune: «Qualcuno deve prendere in mano la situazione dall’alto - affermano Rosa e Silvana del magazzino «Emo» di via Padova -, mandando le forze dell’ordine a pattugliare le strade». «Ci vogliono leggi più severe e un maggior controllo della Polizia - sbotta Domenico, dietro al bancone di un bar in via Lessona da oltre quarant’anni -. Io sono già stato rapinato più volte, perché mi vogliono mettere in mezzo nella lotta alla criminalità? Ci pensino bene la prossima volta prima di fare un altro indulto». «Siamo già costretti a tenere aperti fino a tardi la vigilia di Natale - ricorda la proprietaria di un negozio di elettrodomestici di Quarto Oggiaro -. In quel giorno dobbiamo essere in cinque a proteggere il negozio».
C’è chi ad illuminare la propria attività durante la notte ci aveva già pensato autonomamente: «Ho messo un faretto vicino all’insegna - racconta Tullio, macellaio in via Padova -, e il giorno dopo i vigili mi hanno fatto un verbale. Il motivo? Dovevo prima pagare la tassa comunale». «La nostra insegna è già luminosa - dice Tatiana, parrucchiera -. Anche la precedente amministrazione aveva promesso incentivi ma finora abbiamo fatto tutto a nostre spese».
Diversi commercianti si sono tuttavia dimostrati possibilisti: «Potrebbe essere una buona idea - commenta Filippo, titolare di un bar tabacchi a Quarto Oggiaro -. In fondo io sono stato rapinato alle nove e mezzo del mattino, segno che non è l’orario di apertura a creare rischio».

Molti fra quanti abbozzano una risposta affermativa alla proposta della Moratti pongono alcune condizioni: «È necessario che aderiscano tutti all’iniziativa - considera Giuseppe, salumiere di via Trilussa -, altrimenti uno rischia di trovarsi ad avere l’unico negozio aperto in tutta la via».

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