Non parla Giorgio Caproni nella sua famosa poesia, tragico minuetto di rime ventose, intitolata «Litania», della abilità tutta genovese di miscelare alcolici, appresa nei grandi saloni dei transatlantici e diventata arte consolatoria prima di una città rigogliosa e ricca, ora di una città triste e ammaccata. Scrive Caproni solo una rima dedicata al piacere di girare intorno ad una bottiglia e che recita «Genova e così sia/ mare in un'osteria». E nella Bibbia libro dei Proverbi si legge «Il saggio non si lascia ubriacare» (20,1), perché anche il frequentatore della tolda di un bar deve conoscere l'equilibrio filosofico di non nuocere al proprio fegato e di arrestarsi sulla soglia della tenebra inebriante. In vico Falamonica uno dei caruggi che da piazza De Ferrari portavano, tanti e tanti anni fa, in bordelli di primordine e ora aprono le porte allo «shopping» multietnico, è stato inaugurato un locale nel quale si celebrano i fasti dello shaker e del buon bere in un'atmosfera ovattata e signorile degna delle tradizioni di una città che ha guardato al progresso sempre dandogli del «lei».
È giusto parlarne perché anfitrione di questo locale è Vito Necchi uno dei più smaglianti personaggi della comunità genovese che ha solcato i mari del bancone con molte autobotti di whisky, gin, rum e vodka versati in bicchieri allegramente decorati: sempre sorridente con una affabilità rara in una città dove l'ordinazione di un caffè rischia sempre di inciampare in un ostile barista che sembra desiderare suppliche.
Vito (il suo vero nome è Ludovico) ha frequentato l'università dei barman genovesi in piazza Alimonda dove Lino Cairoli detto «il Babbo» ha allevato nel locale di fronte alla chiesa un paio di generazioni di giovani genovesi a originali miscelature e fragranti patatine fritte. Poi si è trasferito da «Mangini» piazza Corvetto. Molti clienti passando occhieggiavano dal marciapiede per verificare la presenza di Vito pronto a barattare stanchezze della quotidianità con le frescure di un vellutato Negroni, di un Riviera o di un inarrivabile «Vito al mare».
Arrivato all'età della pensione Vito, (non è dato sapere quanti anni ha) non è potuto sfuggire alla sollecitazione dell'antiquario Cambi che il caffè ha battezzato con il suo nome. E il prodigio si è ripetuto. Sorrisi e cocktails, anziane professoresse e giovani hackers, studenti universitari e intellettuali di grido in un salone di un vecchio palazzo del '600 con gli arredi degni della bottega dello sponsor.
In visita pastorale qualche giorno fa a congratularsi con Vito è arrivato Agostino Liuni un altro mito della onorata categoria dei barman. Per vent'anni protagonista solitario della Terrazza Martini collocata sul più alto grattacielo di Genova, Agostino ha sempre avuto come obiettivo professionale quello di accontentare «il palato del cliente con semplicità». Con lui si sono congratulati il musicista Segovia, Grace Kelly e Umberto Eco. Abbraccio affettuoso poi Agostino siede e serioso ordina criptico «Un Martini dry, non un Hemingway mi raccomando». Tutto sta nella quantità di gin che lo scrittore esigeva debordante. Ma Agostino e Vito hanno sempre avuto le idee chiare «Portiamo un po' di ebbrezza nella vita del cliente. Ma guai ridurlo alla incoscienza del vizio».
A memoria Agostino cita «Con un po' di pane e una coppa di vino il deserto a me parrà un paradiso». Versi di Omar Khayyam poeta persiano del '400. Per sapere bere occorre prima saper vivere. Da migliorare gli appetizer serviti ai tavoli.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.