Nella comicità del nichilista c'è davvero poco da ridere

Che funzione svolge il riso? Filosoficamente, nella modernità, è l’azione di chi decostruisce i valori universali su cui si fonda la società

Nella comicità del nichilista c'è davvero poco da ridere

Per gentile concessione dell’autore, pubblichiamo uno stralcio del saggio introduttivo di Stefano Zecchi al volume Il sorriso tra arte e scienza (Signs Books, pagg. 240, euro 20) a cura dello stesso Zecchi e di Maurizio Cavallini. Il libro contiene saggi di Simone Berno, Gaia Castiglioni, Paolo Franchini e altri.

Baudelaire come abbiamo osservato e approfondiremo, mette in uno stretto rapporto il comico e il riso, nel senso che il comico è generalmente, principalmente ma non esclusivamente, ciò che genera il riso. Il testo di Baudelaire sul comico anticipa una serie di saggi sull'argomento che vengono scritti agli inizi del Novecento: ricordo, in particolare, di Sigmund Freud, Il motto di spirito e i suoi rapporti con l'inconscio, 1905; di Henri Bergson, Il riso. Saggio sul significato del comico, 1900; di Luigi Pirandello, Saggio sull'umorismo, 1908; molto importante, di qualche decennio posteriore a quelli menzionati, Il riso e il pianto. Una ricerca sui limiti del comportamento umano, 1941, del filosofo tedesco Helmuth Plessner. Questi, ma ne ometto altri, sono tra i più significativi studi sul riso e sul comico: c'è, dunque, da chiedersi il perché di questa attenzione che si concentra in un periodo specifico della nostra storia. Nel periodo in cui vengono scritti i saggi sopra menzionati, la cultura occidentale s'incammina nella direzione che apre alla modernità, la cui caratteristica problematica è l'interrogazione dei fondamenti, delle strutture originarie del sapere, della creatività artistica, della ricerca tecnica e scientifica. Diventa dominante nella filosofia e nell'estetica la risposta a quell'interrogativo. In questo contesto culturale, sono prevalenti (purtroppo) ma non esclusive (per fortuna) le riflessioni filosofiche che teorizzano la dissoluzione del fondamento, l'assenza, cioè, di un principio fondante su cui costruire il sistema del sapere: decostruzione è la tesi filosofica che rappresenta questo modello di pensiero, nella sostanza relativista e nichilista.

Dalla seconda metà del XX secolo, portando a termine un lungo cammino filosofico, da Schopenhauer a Nietzsche a Heidegger, si è imposta la cultura della cosiddetta decostruzione delle strutture di senso storicamente consolidate: per esempio, e innanzitutto, i concetti della metafisica che fondano principi cognitivi, etici, estetici. In questa visione decostruzionista, non avrebbe senso ragionare sul vero e sul falso, sul bene e sul male, sul bello e sul brutto perché questi concetti semplicemente non esisterebbero, sono illusori, invenzioni metafisiche, appunto. La conseguenza di questa filosofia è stata devastante, avendo lasciato la cultura in preda al nichilismo, l'umanità senza punti di riferimento, senza princìpi su cui regolare l'esistenza: soltanto un relativismo di esperienze, un nomadismo etico, un nichilismo estetico, in cui la verità si relativizza nella validità scientifica dei suoi enunciati, l'etica diventa funzionale a interessi contingenti, l'arte perde la sua caratteristica di assoluta iterazione della differenza nei propri linguaggi, cosicché, nel rinnegare questa differenza, tutto può essere arte tutti sono artisti, e, quindi, se tutto è arte e tutti sono artisti, niente è arte e nessuno è artista. Facile, quindi, per il mondo finanziario stabilire gli ordini di valore e decretare cosa sia arte: un nichilismo di cui si è appropriato gioiosamente il potere economico stabilendo i valori di mercato dell'arte. Questo distruttivo (crudele) nichilismo ha nel ridere un suo punto di forza che in modo chiaro, eloquente, sintetico ritroviamo nel romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco. Così egli scrive: "Forse il compito di chi ama gli uomini è di far ridere della verità, far ridere la verità, perché l'unica verità è imparare a liberarsi della passione insana della verità". Una sintesi perfetta del nichilismo moderno: ridere della verità; ma non solo: ne consegue che c'è da ridere anche delle altre categorie fondanti del nostro modo di conoscere e di esperire, dunque, ridere dell'idea di giustizia, di quella del bene, della bellezza, dell'amore, della fede.

***

Nel suo complesso, l'opera baudelairiana è un difficile, rischioso lavoro per rappresentare poeticamente una rivoluzione culturale senza tradire i fondamenti della civiltà occidentale: geniale visione di una rivoluzione conservatrice. Dunque, troppo semplice e superficiale "decostruire" un patrimonio di civiltà attraverso una risata: il comico e il riso non possono essere espressioni della critica ai fondamenti delle categorie essenziali della nostra cultura: appunto, la verità, il bene, il bello. Ma, a sua volta, il riso non può essere confinato soltanto e semplicemente nell'effimero, nella gioiosa visione di una vita che si libera del peso della verità, della bellezza: esso è figlio della sofferenza. Scrive Baudelaire "Il riso e il pianto non possono figurare nel paradiso di delizie. Entrambi sono figli della sofferenza, e comparvero allorché al corpo dell'uomo fiaccato venne meno la forza per riprenderli". Il riso esiste perché l'uomo è "caduto dal paradiso terrestre", non è una sua risorsa di libertà espressiva, di piacere, di gioia, esattamente come accade per il pianto. Il riso che appare sul volto, è il segno della caducità, della debolezza, della sofferenza dell'uomo quanto le lacrime che per il dolore escono dai suoi occhi. Se il riso sgorga provocato dal comico, ecco che il comico "è un elemento dannato e di origine diabolica è uno dei segni satanici più satanici dell'uomo, uno dei tanti semi racchiusi nella simbolica mela".

Si può facilmente comprendere come quest'idea del riso sia assolutamente diversa da quella di Eco: se Baudelaire trema di fronte al nichilismo che si manifesta nel riso, Eco gioisce di fronte all'idea di liberazione che a suo parere è generata dal riso.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica