Noi, automobilisti condannati a code e ingorghi

La lacuna più grande della nostra città, al di fuori dei discorsi ormai quotidiani ed anche ossessivi sull'edilizia futura, è quella delle infrastrutture. Esse mancano del tutto o sono talmente carenti ed antiquate che al cittadino non dicono vadano strette, ma addirittura in tanti casi non servono proprio. La rete delle tangenziali che circonda l'abitato obbliga gli utenti ad code infinite che diventano veri drammi nei periodi di esodi. Ore e ore trascorse in auto. Se non avverranno adeguamenti in tempo i tecnici prevedono la paralisi totale per almeno 60 minuti al giorno. La situazione delle metropolitane praticamente non è mutata molto da vent'anni a questa parte, e anche se nuovi tronchi o rami sono in progetto è lontanissima da una soluzione di livello europeo, con una periferia, se così vogliamo ancora chiamarla, praticamente in gran parte non servita. Lo stesso ministro Bondi ha ricordato proprio ieri che le nostre periferie «da Roma a Milano» sono «mostruose».
Negli ultimi anni è mutato il volto dell'hinterland, sia sotto il punto di vista residenziale che industriale, e le necessità, i bisogni e le sollecitazioni hanno un nuovo volto.
Il trasporto con il tram, mezzo che viene sbandierato come economico e non inquinante, intralcia il traffico muovendosi su percorsi obbligati non più in armonia con il tessuto urbano ed è per la massima parte colpevole degli orribili pali che caratterizzano le nostre strade.

Esistono migliaia di persone che per recarsi al posto di lavoro non hanno alternative, e, anche se disponibili a sopportare disagi, devono necessariamente usare l'automobile, con tutte le conseguenze che esplodono ogni giorno.

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