«Non bastano le scuse di Bertinotti per isolare quei fascisti di sinistra»

Il rappresentante di Israele in Italia: «Vergogna e rabbia per le nostre bandiere bruciate martedì a Milano»

Mario Sechi

da Roma

«Guardi qui». L’ambasciatore israeliano Ehud Gol sorride mentre mi porge un foglio: una ventina di righe. È la bozza della nota mattutina che ha scosso la giornata politica. Inchiostro verde, pochissime correzioni, una sventagliata di caratteri ebraici. È la lingua biblica che racconta la parabola italiana del 25 aprile. La lingua di «un ebreo e israeliano».
Ambasciatore Gol, lei per condannare i bruciabandiere ha usato due parole come «rabbia» e «vergogna». Perché?
«Prima vergogna e dopo rabbia... Vergogna perché è accaduto il 25 aprile, una giornata speciale per tutti gli italiani, la Liberazione... chi ha liberato gli italiani?».
...italiani, americani...
«Americani, americani, americani, americani, americani, italiani e... altri. Con gli altri c’erano anche gli ebrei che sono caduti per l’Italia, membri della Brigata ebraica, che hanno combattuto per permettere a questo Paese di vivere come vive oggi. E un gruppo di fascisti della sinistra estrema ha deciso in questa giornata - e qui veniamo alla rabbia - di bruciare la bandiera di Israele. Perché proprio Israele? Ci sono centinaia di Paesi nel mondo. Sembra diventato un hobby quello di bruciare la bandiera di Israele, tutto è legittimo».
Sta succedendo sempre più spesso.
«Non è un fatto nuovo, ma negli ultimi sei mesi le cose si sono aggravate e sempre con manifestazioni contro Israele. Un altro elemento per la rabbia: ieri per noi era la Giornata della Memoria, Yom Hashoah, lo stesso giorno un leader, chiamiamolo così, Ahmadinejad, parla della distruzione di Israele in un discorso patetico dove invita gli ebrei a tornare in Europa. E dove posso tornare io? Sono nato in Israele».
È la negazione della Shoah, ma in pochi protestano.
«Questi manifestanti ieri avrebbero dovuto condannare le parole di Ahmadinejad. E invece di dimostrare contro l’odio, il fanatismo e il radicalismo gli hanno dato una mano bruciando la bandiera di Israele, hanno fatto quello che fanno gli iraniani, Hezbollah, Hamas. Noi siamo abituati a vedere la nostra bandiera bruciata, ma quando il mondo arabo ha cominciato a bruciare la bandiera danese, abbiamo visto la paura della Danimarca e io ho detto welcome to the club, benvenuti nel club. E credo che in questo momento, per la prima volta, alcuni europei - non tutti - capiscano la situazione di Israele».
Lei parla di «fascisti della sinistra estrema». Gli opposti si toccano?
«Per me sono la stessa cosa. Bruciano la nostra bandiera perché non accettano la nostra esistenza, il nostro diritto a vivere. Esattamente come Ahmadinejad e Hamas».
Ambasciatore, lei ha ricordato la Brigata ebraica. Pochi ne conoscono la storia.
«Nel 1944 arrivò dalla terra di Israele un gruppo di ebrei insieme all’esercito britannico per combattere nel nord Italia. Molti di loro hanno sacrificato la propria vita per liberare l’Italia e l’Europa dall’animale nazista. Sono 36 caduti, sepolti in Emilia Romagna e io ogni anno vado a onorare la loro memoria e sarebbe opportuno che l’Italia ufficiale, in quella occasione, chiedesse loro scusa. Erano ancora senza la loro terra, senza il loro Stato, Israele non esisteva, ma scelsero di morire per l’Italia».
L’Unione stamattina si è accorta della gravità dei fatti. E li ha condannati. Secondo alcuni tardivamente. Che ne pensa?
«Io ho criticato un gruppo di sinistra estrema. Dobbiamo ricordare che sono pochi, ma molto pericolosi, e dunque bisogna fare il massimo per bloccarli. L’estremismo inizia sempre con pochi, poi diventa difficile controllarlo. Era necessario - già dal primo episodio - decidere che non c’è posto per queste persone in nessun partito politico. L’abbiamo detto: non è la prima volta. E criticare non è sufficiente. È necessario prendere provvedimenti contro queste persone».
Quali provvedimenti?
«Questo è un tema interno italiano, non è il mio compito e non voglio interferire».
Si è scusato anche Bertinotti, non è sufficiente a isolare gli estremisti?
«No, non è sufficiente. Perché senza provvedimenti per loro è possibile continuare con questi comportamenti, una volta dopo l’altra».
Lei non vuole mettere i piedi nel piatto della politica italiana. Però le leggo una cosa che ha detto Bertinotti sulla guerra in Irak: «C’è un esercito occupante che pretende di essere l’Occidente. Ma non è quello l’Occidente, l’Occidente è quello della pace». D’accordo?
«Posso rispondere che con Bertinotti non condividiamo in generale alcuna opinione».
Il nuovo governo non c’è ancora. Però c’è una politica europea su Hamas che il centrosinistra dice di voler seguire.
«In Europa si discute su due componenti. La prima riguarda le precondizioni per Hamas e cioè riconoscere lo Stato di Israele, il disarmo e la road map. L’altra riguarda l’aiuto umanitario ai palestinesi, che noi condividiamo. Ma se vi fosse un’erosione tra i Paesi europei sul primo punto, allora ci sarebbe una situazione orribile non solo per Israele ma anche per l’Europa. Sarebbe una grande vittoria per il terrorismo internazionale. Tutti i Paesi europei devono adottare una linea comune: aiutare i palestinesi senza trasferire i fondi nelle mani di Hamas».
Al Fatah vuole costituire una sua milizia armata. E così pure Hamas. C’è il rischio di una guerra civile?
«Sempre c’è questo rischio. Uccidono tutti i giorni. È sufficiente vedere la situazione in Irak: arabi che uccidono altri arabi. Addirittura in moschea, senza rispetto per la religione. La guerra civile tra i palestinesi non aiuta Israele, noi facciamo il massimo per evitare una situazione del genere. Ma in questo momento c’è l’anarchia e tutto è possibile».
Che cosa si aspetta Israele dal nuovo governo italiano?
«Che l’Italia continui sulla stessa linea. Il vostro Paese ha giocato negli ultimi cinque anni un ruolo importante nel Medio Oriente. Il ruolo dell’Italia oggi è molto ampio, ha la possibilità di parlare con noi e con gli arabi in modo aperto. È una linea politica bilanciata, equilibrata».
E partiti come Rifondazione e Pdci possono secondo lei accettare questa linea?
«Io parlo del primo ministro e del ministro degli Esteri, ciò che conta è la testa. Alcuni nel governo possono essere contrari e penso ci siano componenti anti-israeliani. Ma i componenti seri della sinistra devono fare di tutto per bloccare queste fonti estremiste. E poi ancora non sappiamo chi sarà il ministro degli Esteri: D’Alema, Rutelli o Fassino?».


Lei chi preferisce?
(sorriso) «Conosco ognuno di loro. Abbiamo parlato con loro almeno venti volte, insieme o separatamente».
Ha ricevuto telefonate di solidarietà dai leader della sinistra?
«No».
E dal centrodestra?
«Sì».

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