Non denunciarono lo stupro: condannati assistenti sociali

In quella comunità aveva cercato qualcuno che si prendesse cura di lei. Tra quelle mura, invece, ha trovato il silenzio di chi avrebbe dovuto proteggerla. Tre operatori sociali della onlus «Fraternità e amicizia», sovvenzionata dal Comune, che hanno chiuso gli occhi quando una 17enne disabile ha chiesto loro aiuto dopo essere stata violentata da un amico della madre. Così, ieri, il gup Fabrizio D’Arcangelo ha condannato a 6 mesi la direttrice della comunità per omessa denuncia e favoreggiamento, e a una multa la presidente della onlus e un assistente sociale. Condannato a 4 anni e 8 mesi con rito abbreviato, invece, l’uomo che aveva abusato della ragazza. Rinviata a giudizio, infine, la madre della 17enne per omesso controllo e maltrattamenti, ed è stato indagato per favoreggiamento personale un vigile della polizia giudiziaria della Procura, perché - per conto della direttrice - avrebbe tentato di carpire informazioni sull’indagine.
In base a quanto ricostruito dal pm Antonio Sangermano, le molestie sarebbero avvenute tra luglio e ottobre 2006. La vittima, sofferente di un grave ritardo cognitivo, epilettica, con una psicosi deficitaria che l’ha resa invalida al cento per cento eppure secondo gli inquirenti in grado di valutare il valore di un atto sessuale, la ragazza era stata affidata tramite un progetto alla comunità, per cui riceveva una sovvenzione da parte del Comune. La madre, divorziata, lavorava e spesso l’affidava a un amico di famiglia che durante il fine settimana la portava nella sua abitazione e qui, in base alle accuse, in più occasioni l’avrebbe molestata, palpeggiandola, facendole la doccia e fotografandola. La 17enne dopo mesi di abusi ha denunciato tutto a una psicologa dell’associazione attraverso due lettere.

La dottoressa ne ha informato la direzione ma i responsabili della comunità non hanno comunicato la notizia di reato alla Procura come avrebbero dovuto fare. Hanno invece deciso di convocare la madre della 17enne e l’amico di famiglia. L’uomo ha negato tutto. Ma dalle intercettazioni sono emerse le sue responsabilità e quelle della onlus.

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