Cultura e Spettacoli

«Il nostro gioco è pulito e trasparente»

«Se fosse pilotato ci sarebbe la complicità del notaio e dei concorrenti»

Maurizio Caverzan

da Milano

Quando squilla il telefono di bachelite di Flavio Insinna, all'altro capo del filo c'è lui, ’o dottore. Nello studio di Affari tuoi, si consuma una liturgia con un concorrente-cavia in ambasce tra un'offerta sempre al ribasso e l’ambizione di conquistare il malloppo più sugoso che lampeggia a fine corsa. Pasquale Romano, napoletano di nascita, un passato da professore di filosofia e un futuro da docente universitario, ha quarant’anni, una fidanzata che lavora anche lei in tv e la giusta dose di sadismo per tenere alta la suspense fino all’ultimo. Anche, dicono quelli di Striscia, con l’aiuto di strane manovre sull’apertura delle scatole. Come nel caso fresco fresco della concorrente umbra.
Imputato Pasquale Romano, lei è accusato di pilotare l’apertura dei pacchi di Affari tuoi. Come si difende?
«Dicendo che è una malignità con le gambe corte. Il gioco pilotato implicherebbe la complicità del notaio e quella del concorrente. Ma se il concorrente sapesse dove si trovano i 500mila euro, non se li andrebbe a prendere tutte le volte?».
Con il concorrente potrebbe esserci un patto: noi la facciamo vincere, lei tiene segreto l’accordo.
«Vorrebbe dire che da quattro anni i concorrenti di Affari tuoi sono complici di una truffa ai danni dello Stato e dei telespettatori italiani».
Striscia la notizia ha mostrato la concorrente dell’Umbria che si guardava il palmo delle mani dove c’era scritto un numero prima di scegliere la scatola da aprire.
«Era il numero di telefono del concorrente dell’Emilia Romagna con cui aveva familiarizzato. Siccome dopo quella puntata non si sarebbero più rivisti, una volta sorteggiata, si è scritta il numero di una persona con cui aveva fatto amicizia. Se lo guardava mentre si squagliava con il sudore. Una donna di settant’anni. Davanti al pacco, invece, teneva la fotografia di Che Guevara, di cui è una fan».
C'è una frequenza insolita anche in statistica con la quale le scatole più ricche arrivano alle battute finali.
«Da una settimana a questa parte, con l’eccezione proprio della sera dell’Umbria, i 500mila euro sono sempre usciti all'inizio. I pacchi ricchi sono cinque su venti, il 25 per cento. La scorsa settimana la puntata con 500mila euro finali ha fatto ascolto inferiori a un'altra meno ricca».
Bassetti ha detto che una puntata non riuscita è stata cambiata.
«È accaduto, per ragioni di palinsesto, in una puntata del venerdì. Credo che possiamo permetterci di mandare in prima serata una puntata più forte di un’altra. O no? Il concorrente, sfortunatissimo, aveva esaurito il percorso in poco più di un’ora, mentre Affari tuoi bum bum deve durarne oltre due».
È successo solo una volta?
«Una volta, punto. L'ho deciso sapendo che le registrazioni costano e bisogna andarci piano. Infatti, non farei mai l’edizione longue, perché Affari tuoi è un game costruito su una suspense breve».
Non ha mai scartato una puntata dell’edizione normale? Se ne registrano tante e si trasmettono le più ricche.
«Non si può. Dobbiamo mandarle in onda nell’ordine in cui le registriamo altrimenti, si rivedrebbe un concorrente che ha già giocato e che invece, dopo la sfida, vincente o perdente, abbandona il programma. Una prova di trasparenza».
Altra accusa: regalate fior di milioni senza che i concorrenti dimostrino di meritarselo con qualche competenza.
«Non regaliamo fior di milioni. Tant’è vero che, dopo quattro anni, rientriamo nel budget previsto dalla Rai. Per un concorrente che vince, ce ne sono quattro o cinque che tornano a casa con poco niente. La media è di 30-35mila euro a puntata. Un budget basso per un programma di access primetime. Non vincono per abilità perché un gioco di fortuna: come il Lotto o il Totocalcio. È un gioco fatalista».
Per l’accusa è un gioco diseducativo perché dà l'idea che si possa svoltare senza faticare.
«Diseducativo? Allora è diseducativo anche giocare al Lotto. Al Bingo finanziato dallo Stato. Suvvia, è intrattenimento televisivo. Quando c’è una persona davanti alla possibilità che in mezz’ora cambi la sua vita, puoi fargli la radiografia. Vedi la trepidazione, il coraggio, la paura, la viltà, la freddezza...».
I telequiz tradizionali richiedevano la preparazione in una materia.
«La forza di Affari tuoi è nell’immedesimazione del telespettatore che pensa: lì potrei esserci io. Senza bisogno di grandi studi o memorie enciclopediche. Perciò, a ben guardare, è un gioco superdemocratico. Ormai tutti i quiz, Milionario compreso, prevedono la risposta fra tre possibilità per cui anche chi ignora quella esatta, può tentare di indovinare. Il concorrente specialista non esiste più perché non crea immedesimazione».
L'accusa dice che un gioco così non è da servizio pubblico.
«Coinvolge le famiglie, le rende protagoniste. È un racconto italiano».
Perché il concorrente prescelto arriva in busta chiusa e non si conquista il diritto a giocare rispondendo per primo a una domanda?
«Perché questo ci permette di avere le famiglie in studio. Registrando le puntate, il notaio sorteggia le regioni e a quel punto chiamiamo le famiglie per farle arrivare a Roma in tempo».
Perché non accettate un ispettore del Codacons in studio?
«Abbiamo avuto un ispettore con Bonolis. Da lunedì ce ne sarà uno dell’Unione consumatori, l’avvocato Bona. È una decisione che abbiamo preso ben prima di queste polemiche».
Come mai quest'anno Affari tuoi si è rivitalizzato?
«Merito di Insinna. E del clima ritrovato di grande familiarità. Le storie dei concorrenti sono tornate in primo piano. Con la clip iniziale, una sorta di album fotografico del concorrente, l'ingresso della famiglia, le musiche di Morricone che enfatizzano la tensione. Poi Flavio è bravissimo a far emergere il personaggio, con le citazioni dalla letteratura, il suo garbo».
Chi ha scoperto Insinna conduttore?
«Una mia amica, Cristiana Farina, una sceneggiatrice. Mi chiamò dopo averlo visto alle Telegrolle. Quando puoi fagli un provino, mi disse. Quest’estate me ne sono ricordato e l'ho convinto, perché lui era titubante».
Ha deciso lei che era la persona giusta?
«Con Bassetti e Del Noce ci siamo convinti che poteva funzionare. Insinna è uno che studia, che si rivede le puntate... Ha affrontato questa prova con lo spirito dell’attore abituato all'improvvisazione, secondo la scuola di Proietti».
E Pupo chi l'aveva scelto?
«Pupo l'avevamo testato già per Il Malloppo. D’accordo con Bassetti, lo abbiamo spostato su Affari tuoi. Lui usava il suo background di giocatore...».
Chi ha avuto l'idea del telefono?
«Nel format originale l’offerta si accendeva su un display. A Bonolis venne l’idea del telefono, un modo più caldo e teatrale. Poi è nato ’o dottore, una figura maligna che cerca di far perdere il concorrente. Flavio ha accentuato il ruolo di questa presenza misteriosa da sconfiggere per strappare più soldi possibili».
Su che cosa si basa per fare le offerte?
«Abbiamo un computer, ma calcolo soprattutto le probabilità di vittoria del concorrente. Cerco di entrare nella sua psicologia e di dimenticarmi che cos’ha nel pacco, per non fare offerte prevedibili».
Lei fu criticato qualche anno fa perché le storie di Al posto tuo della D'Eusanio erano recitate da attori.
«Quando curavo io Al posto tuo erano gli stessi protagonisti a interpretare le loro storie. Diciamo che erano storie “pettinate”. Le coppie enfatizzavano certi aspetti. Nelle ultime due edizioni si è scelto di farle recitare da attori veri e il problema è stato risolto alla radice».
Com’è cominciata la sua storia di autore televisivo?
«Lavoro in televisione dal ’93. Sono stato autore dei programmi di Castagna: Stranamore, Complotto di famiglia, Casa Castagna, Sarà vero? In Mediaset ho fatto La domenica del villaggio con Mengacci, Eroe per caso, Operazione Trionfo. Per Raiuno ho ideato I raccomandati, per Raidue Se sbagli ti mollo. E ho lavorato a tutti i game dell'access primetime».
Cosa le manca di Castagna?
«La sua gioia di vivere. Era una persona generosa, molto atipica nel mondo della tv».
Condivide quello che dice Celentano, che la tv incattivisce chi la fa?
«La tv incattivisce chi la scambia per il mondo intero. Diventa una sindrome, una dipendenza, si vive con la paranoia dello share. Io inseguo il far niente, l’ozio creativo».
Lo spettatore Pasquale Romano s’identifica con la sua tv?
«Tendenzialmente no. La tv che faccio è pensata per un pubblico di massa. Io preferisco programmi di nicchia, La grande storia, Blob, sono uno da Raitre. Guardo il calcio e i film. Delle Iene vedo qualche servizio, mi piacevano di più qualche anno fa. Se fatti bene, vedo anche i programmi d’intrattenimento».
La sentenza: scelga un nome per il futuro Affari tuoi.
«Vorrei che Flavio restasse a lungo. Ma se lui decidesse di fermarsi mi piacerebbe Teo Mammucari. Credo che il suo cinismo darebbe ancora un altro sapore al gioco».
Chissà come la prenderebbe Ricci...
«Lei mi ha chiesto di fare un nome, per gioco. Io e Teo ci conosciamo da dieci anni.

So bene che ha un contratto esclusivo con Mediaset».

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