Cronaca locale

"Il nostro tesoro è la Scuola di Atene"

Il neo Prefetto dell'Ambrosiana spiega il nuovo allestimento del capolavoro

"Il nostro tesoro è la Scuola di Atene"

Il colloquio itinerante con monsignor Marco Navoni dopo la nomina dell'arcivescovo Mario Delpini che lo scorso febbraio ha deciso di sceglierlo come nuovo Prefetto del Collegio dei Dottori della Veneranda Biblioteca Ambrosiana, parte dal suo ufficio di rappresentanza. «Lo userò per gli incontri istituzionali» dice con la sua aria al contempo schiva e alla mano, nella grande sala che ospita la libreria di Beccaria (1738- 1794), con Dei delitti e delle pene in infinite edizioni e traduzioni. Ma, soprattutto, semi nascosto in un cassetto a vetri, il manoscritto autografo. Guardare la grafia dei grandi può avere un effetto straniante di realtà: scriveva come scriviamo noi, il giurista Cesare Beccaria che Milano ha donato al mondo per chiedere (e ottenere) che i giudizi fossero pubblici, che le sentenze fossero uguali per tutti, che alla pena di morte si facesse ricorso solo in casi eccezionali.

Monsignor Navoni mostra il primo foglio del manoscritto: «Beccaria in un primo momento avrebbe voluto intitolarlo Delle pene, e delitti. È una stesura precedente al testo andato alle stampe, può darsi che poi l'abbia ripensato». Facendo girare le pagine una dopo l'altra, impressiona la quantità delle note a margine, tracce di una mente in continuo movimento alla ricerca della profondità e della precisione. «È interessante - racconta monsignor Navoni - vedere come in questo manoscritto il pensiero sia stato elaborato, rielaborato, ripreso: ci sono moltissime correzioni. Certo, bisognerebbe restaurare i fogli...». I l sospiro dello studioso, di ogni studioso, appena riporta a contatto con l'aria i libri antichi dalla grana che sembra voler evaporare.

Tra i progetti in nuce in questo suo avvio, c'è una mostra con i testi autografi delle grandi firme dell'Ambrosiana: gli spiriti magni. La prima e la più famosa appartiene a Leonardo da Vinci, ma non è l'unica: in queste sale sono custoditi testi scritti a mano da San Tommaso d'Aquino, Francesco Petrarca, Giovanni Boccaccio, Michelangelo, Galileo Galilei, Giuseppe Verdi, per fare soltanto un primo elenco parecchio approssimativo.

Il colloquio poi si sposta, di sala in sala, per approdare ai fogli del Codice Atlantico di Leonardo che Navoni ha studiato (e di cui ha scritto) a lungo. «Leggo abbastanza bene la sua calligrafia» assicura, ma nel codice dei dottori dell'Ambrosiana questo vuol semplicemente dire che la legge «alla perfezione». Mentre si aggira tra i Fogli esposti a rotazione nella Biblioteca che è la parte più antica dell'Ambrosiana, la sala originaria che risale a Federico Borromeo e può essere datata al 1609, il Prefetto rivela quale sia il suo disegno leonardesco preferito: «Sono legato alla famosa mappa di Leonardo che pone al centro la chiesa di San Sepolcro, il vero mezzo di Milano», il cuore dell'antica città romana, il centro alternativo al Duomo.

Eppure non è Leonardo l'artista per il quale a Navoni batte più forte il cuore. L'opera preferita dal neo prefetto è quella che tutti noi conosciamo come Cartone preparatorio della Scuola di Atene di Raffaello, restaurata e riallestita in una sala progettata dallo Studio Boeri. «Per me è il vero capolavoro della Pinacoteca Ambrosiana. Si tratta del Cartone di presentazione della Scuola Di Atene che Raffaello presentò a Giulio II. Attenzione: il nostro qui conservato è il Cartone di presentazione, non il Cartone preparatorio, come pure lo si definisce abitualmente. Ha il fascino del tratto di carboncino autografo. Il nuovo allestimento è anche un primato di tecnologia: finché non si arriva sotto l'opera, non ci si accorge che c'è sopra una teca di vetro antiriflesso realizzato in un blocco unico. Per portarlo qui dentro abbiamo dovuto aprire un varco nel muro...». Un video all'interno della sala illustra tutte le fasi grazie alle quali il Cartone si è salvato ed è arrivato fino a noi, incluso il sacrificio di quello preparatorio.

Conversando con monsignor Navoni tra i tesori si capisce bene che il nuovo Prefetto ha un lungo futuro dietro le spalle. «Sono arrivato trentuno anni fa quando era prefetto Gianfranco Ravasi» ricorda il suo successore a prefetto del Collegio dei Dottori della Veneranda Biblioteca Ambrosiana. Non ha l'aria della citazione dovuta: colui che sarebbe diventato il cardinale Ravasi, ha guidato l'istituzione fondata dal Borromeo per ben diciotto anni, dal 1989 al 2007, al punto che l'Ambrosiana e Ravasi erano diventati quasi sinonimi. Navoni revoca gli anni di lavoro con il biblista e teologo di Merate per far rinascere l'istituzione voluta dal Borromeo e realizzare il progetto ambizioso di portare la cultura a disposizione dei più. «Ho vissuto - confessa adesso - quel momento delicato, dal 1990 al 1997, in cui l'Ambrosiana è stata chiusa, per poi riaprire con la rete informatica e con sale della Pinacoteca che erano rimaste chiuse per decenni. Il cardinale Borromeo voleva che a chiunque entrasse in Biblioteca fossero dati carta, penna e calamaio.

Il nostro modo di servire chi arriva oggi a consulatre questi capolavori sono le reti e i moderni Pc».

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