Chi torna dal Giappone ha l'incubo delle radiazioni. E così per spazzare via ansie e dubbi, non resta che farsi visitare dai medici. A Milano, il centro di riferimento è il Niguarda, dove sono molto attrezzati e c'è una task force di specialisti. In trenta minuti sono in grado di dare una risposta e dire se si è stati contaminati o no. Ma come? L´iter diagnostico è realizzato con strumenti di alta tecnologia. Il paziente viene affidato alla cure di un fisico sanitario che, con uno speciale apparecchio «cattura radiazioni», simile a un ferro da stiro, verifica eventuali segni di contagio sul corpo e sugli abiti. Poi si passa a una valutazione della tiroide, organo bersaglio delle radiazioni. E per questa analisi si usa una macchina, che ricorda un cannocchiale, capace di «scannerizzare» la ghiandola. L´altro esame fondamentale è quello delle urine, sottoposte a spettrometria ad alta risoluzione, che avviene in due fasi: una immediata e l´altra che analizza i valori nel corso dell´intera giornata. Tutto questo lavoro viene svolto dai medici che fanno capo al primario di Fisica sanitaria Alberto Torresin, mentre l´altro servizio coinvolto è quello di Claudio Rossetti, il responsabile della Medicina nucleare. Tra i sevizi mobilitati, il laboratorio e il centro anti-veleni.
Finora le persone che si sono rivolte al Nigurda sono dieci: cinque donne e cinque uomini.
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