Oltre 500 donne stuprate da luglio Le Nazioni Unite: «Abbiamo fallito»

Cinquecento donne sono state stuprate da ribelli hutu e miliziani mai-mai tra luglio e agosto, nell’Est della Repubblica democratica del Congo. La denuncia choc arriva dalle Nazioni Unite, dove il vicecapo del peacekeeping, Atul Khare, inviato nel Paese africano per indagare, ha ammesso: le azioni della nostra missione di caschi blu, Minusco, «sono state insufficienti, e la conseguenza sono state brutalità inaccettabili contro gli abitanti della regione. Dobbiamo fare meglio». Sottolineando che la protezione dei civili spetta alla Repubblica Democratica del Congo, Khare ha però aggiunto: «Detto questo, anche noi abbiamo sbagliato».
Un mese fa le Nazioni Unite avevano denunciato stupri di massa di 150 donne in 13 villaggi della provincia del Nord Kivu. Da allora il numero delle vittime delle violenze è salito a 250 ma nelle ultime ore Atul Khare ha riferito al Consiglio di Sicurezza che nel frattempo almeno altre 257 persone sono state stuprate in altri villaggi del Nord Kivu e del Sud Kivu: tra queste, 21 tra bambine e ragazze dai 7 ai 21 anni e sei uomini.
Al Palazzo di vetro sono arrivate anche alcune terribili testimonianze, attraverso la responsabile speciale dell’Onu per la prevenzione delle violenze contro le donne, Margaret Wallstrom: nel villaggio di Kibua, ha riferito, miliziani hanno cercato oro nascosto frugando anche nella vagina delle vittime, mentre il villaggio veniva circondato in modo che nessuna potesse scappare.
Nel piccolo villaggio di Luvungi, 2.

160 anime nel cuore della foresta del territorio di Walikale (Nord Kivu), l’incubo si è consumato in una sola notte, il 30 luglio: tutte le donne presenti, 284, tra cui anche bambine e anziane, sono state stuprate da gruppi formati da due a sette uomini, spesso davanti ai loro figli.

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